Oriana Fallaci, dalle storie alla Storia
Una cronista diventata scrittrice

Nata a Firenze nel 1930, Oriana Fallaci esordì non ancora diciassettenne come cronista di un quotidiano fiorentino per poi passare all’«Europeo». Qui si occupa di attualità e costume e a questa fase appartengono i suoi primi libri: «I sette peccati di Hollywood» (1957), «Il sesso inutile, viaggio intorno alla donna» (1961), il romanzo «Penelope alla guerra» (1962) e «Gli antipatici» (1963).L’impegno nel giornalismo cresce negli anni successivi proporzionalmente all’importanza dei temi trattati. La Fallaci si misura con eventi come la conquista della Luna (tema del libro «Se il Sole muore», 1965) e con la guerra in Vietnam: «Niente e così sia», 1969, è il libro con cui vince il suo primo premio Bancarella e rivela le sua qualità di corrispondente consolidando la sua fama internazionale.Negli anni seguenti continua a recarsi in Vietnam, seguendo le battaglie più sanguinose e distinguendosi per il coraggio. Si occupa anche, sempre per «L’Europeo» e poi per «Il Corriere della sera», dei conflitti indopakistani e mediorientali e delle insurrezioni in America Latina, rimanendo gravemente ferita nel massacro di Plaza Tlatelolco a Città del Messico (1968).È questo anche il periodo delle sue celebri interviste con capi di stato e leader politici, da qualcuno giudicate a tratti insolenti, da altri fino troppo addomesticate, ma che restano comunque un modello nel genere più difficile del giornalismo: particolarmente noti e riusciti i suoi «faccia a faccia» con Henry Kissinger, Nguyen Van Giap, Golda Meir, Ghedafi, Khomeini, Deng Xiao Ping che confluiscono nel libro «Intervista con la Storia» (1974). Il suo passaggio alla narrativa, la cui vocazione covava chiaramente anche nello stile dei reportage, viene premiata dal pubblico di tutto il mondo.Con la religione cattolica Oriana Fallaci non era mai stata tenera. Non lo era ai tempi di «Lettera a un bambino mai nato», «Niente e così sia», «Un uomo», e non lo è stata nemmeno con «La Rabbia e l’Orgoglio», il best seller che dopo l’11 settembre la riportò ai vertici delle classifiche e delle polemiche. In quel pamphlet non perdonava Giovanni Paolo II di aver chiesto scusa per Le Crociate. Ma con Benedetto XVI aveva condiviso l’ amore per i valori dell’ Occidente e il rifiuto del relativismo, e il suo atteggiamento era decisamente mutato. Di sicuro la richiesta di un’udienza privata, circa un anno fa, dimostrava una maggiore vicinanza della giornalista-scrittrice a Papa Ratzinger che non al suo predecessore. In comune almeno un nemico: il relativismo che, per dirla con la veemenza della Fallaci, rischia di trasformare l’Europa in «Eurabia».«La Rabbia e l’orgoglio» esplose prima come estratto sulle pagine del Corriere della Sera e poi in libreria (fu il libro più venduto del 2002). In spregio del del linguaggio politicamente corretto, Oriana Fallaci scandalizzò, provocò, fu attaccata fin nella sua Toscana e si difese a modo suo, con la penna. Ma non cambiò linea; anzi aveva dato il via a un dibattito culturale che nel corso dei mesi e degli anni si farà sempre più accesso tanto da avvicinare laici a cattolici fornendo legna al pensiero che oggi viene definito Teo-Con.Dopo due anni e mezzo esce il secondo libro, «La forza della Ragione»: questa volta nel mirino di Oriana non c’è solo l’Islam ma anche l’Europa «che si è venduta come una sgualdrina ai sultani, ai califfi, ai vizir» perdendo il senso del valore della propria cultura.L’ultimo libro della trilogia: «Oriana Fallaci intervista se stessa» oggi si può leggere come il suo testamento.(15/09/2006)

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