Niente più cortili, solo monolocali
E i quartieri restano senza vita

Vivere il territorio a misura di relazione è il punto di partenza per costruire incontri e confronti significativi tra generazioni. Il modello abitativo dei giorni nostri, condensato nel monolocale, non permette la nascita di relazioni tra giovani e anziani che abitano lo stesso luogo, ma non entrano in contatto tra loro. «Bisognerebbe tornare al cortile di una volta, dove tutti si conoscevano».

È questa una delle conclusioni tratte dalla ricerca «Negli occhi di... Generazioni a confronto» sulle rappresentazioni reciproche di giovani e anziani in due quartieri cittadini, Redona e Celadina. Un lavoro promosso dal gruppo anziane e anziani del Consiglio delle donne del Comune di Bergamo e svolto da due laureande in consulenza pedagogica dell'Università di Bergamo, Silvia Bombardieri e Silvia Bonanomi, tesiste con il sociologo Stefano Tomelleri e coordinate da Marco Zanchi.

La ricerca di tipo qualitativo mirava a capire le percezioni che le due generazioni a confronto hanno dell'altra e quali sono le possibili iniziative per favorire gli incontri tra esse. Quel che emerge nei due casi analizzati, Redona e Celadina, è la carenza di spazi in cui costruire legami sociali, rafforzata da un numero sempre più alto di anziani e dall'esigenza dei giovani di riconoscersi in luoghi dedicati. Questo, però, non in luoghi esclusivi per fascia d'età, ma in luoghi comuni dove giovani e anziani debbano per forza incontrarsi e creare relazioni.

L'essenziale è ripensare i rioni come trame di relazione perché «se gli anziani vedevano un futuro migliore per i propri figli, non lo vedono per i nipoti, i quali vivranno in un mondo più difficile». La continuità tra le generazioni rappresenta un mezzo fondamentale per convivere con la frammentazione del mondo contemporaneo, per abitarla e fare comunità.

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