Inchiesta ultrà, 104 indagati
Belotti: «Io solo mediatore»

C'è anche l'assessore regionale al Territorio, il leghista Daniele Belotti, tra gli indagati nell'inchiesta che in queste ore ha portato a decine di perquisizioni tra gli ultrà atalantini. Al politico è contestato il concorso esterno nell'associazione per delinquere.

C'è anche l'assessore regionale al Territorio, il leghista Daniele Belotti, tra gli indagati nell'inchiesta che in queste ore ha portato a decine di perquisizioni tra gli ultrà atalantini. Al politico è contestato il concorso esterno nell'associazione per delinquere ipotizzata dalla Procura di Bergamo, ma «bocciata» dal gip che non ha riconosciuto i gravi indizi di colpevolezza per questo reato.

Belotti, secondo chi indaga, sarebbe «l'ideologo della tifoseria nerazzurra», il «trait d'union con le istituzioni» e il «consigliere personale» del leader della Curva Nord, Claudio «Bocia» Galimberti, colpito dal divieto di dimora a Bergamo e provincia.

Ecco la replica di Belotti: «Il mio ruolo di mediatore tra le istituzioni e la tifoseria organizzata è noto da almeno 15 anni. E io ho solo e sempre mediato, mettendoci ogni volta la faccia. Non possono attribuirmi atti di violenza ai quali non ho mai partecipato»

Il «Bocia» Galimberti è stato raggiunto martedì 8 febbraio dal provvedimento del giudice per le indagini preliminari, notificatogli dalla polizia, nell'ambito dell'inchiesta sugli ultrà coordinata dalla procura di Bergamo. Per altri due esponenti di spicco della Curva, due giovani di 25 e 23 anni, il gip ha invece disposto l'obbligo di firma.

I tre risulterebbero indagati con l'ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di rissa, danneggiamento, lancio di oggetti e minacce a pubblico ufficiale. Secondo la tesi della procura, il Bocia e compagni avrebbero sistematicamente organizzato gli scontri in occasioni delle partite dell'Atalanta, ciascuno con specifici ruoli e compiti: di qui l'ipotesi accusatoria dell'associazione per delinquere.

In totale sono 104 gli indagati per vari reati: rissa, adunata sediziosa, lesioni. Le 35 perquisizioni sono scattate nella scorsa notte. In azione ottanta agenti della polizia della questura e del reparto prevenzione crimini della Lombardia. Controlli anche al «Baretto» e al «Covo». A casa di Belotti stato stati sequestrati due computer, a casa del «Bocia» uno striscione del Palermo «Borgovecchio» risultato rubato.

Nelle case di vari ultrà, tra gli «accessori» da guerriglia, sono stati sequestrati anche 4 mazze da baseball, 4 sfollagente telescopici, 2 penne spara razzi con 19 razzi, 24 fumogeni, 5 torce e diverse cinture con bulloni molto grandi.

Il pm aveva chiesto per il Bocia e altri cinque esponenti di spicco la custodia cautelare in carcere. Il gip non ha però ravvisato i gravi indizi di colpevolezza per il reato più grave, l'associazione per delinquere, e ha respinto le istanze, optando per tre misure più lievi.

I provvedimenti dell'autorità giudiziaria giungono al termine delle indagini, durate oltre un anno, avviate dalla questura dopo gli incidenti di Atalanta-Catania del settembre 2009. Oltre a questi disordini, sotto la lente degli inquirenti sono finiti anche gli incidenti del dopopartita in occasione di Atalanta Inter del mese di dicembre dello stesso anno, ma anche la manifestazione di protesta contro l'allora questore Turillo organizzata dagli ultrà il 19 gennaio 2010 fuori dalla questura di via Noli, la contestazione contro la società Atalanta organizzata al centro Bortolotti di Zingonia nel mese di maggio (allora il presidente era Alessandro Ruggeri e la Curva premeva perché il patron lasciasse) e i disordini alla Berghem Fest dell'agosto 2010.

L'inchiesta è stata condotta anche attraverso intercettazioni telefoniche, probabilmente il primo caso a livello nazionale in cui questo strumento viene utilizzato per un'indagine ad ampio raggio sul fenomeno del tifo violento.

«Abbiamo aperto uno squarcio su dettagli relativi alla tifoseria che nessuno aveva mai voluto approfondire», ha dichiarato il sostituto procuratore di Bergamo Carmen Pugliese. Tra gli «squarci» aperti dall'indagine anche le visite che alcuni calciatori atalantini e dirigenti della società - secondo quanto dichiarato dal pubblico ministero - facevano a casa dei tifosi agli arresti domiciliari dopo partite senza brillanti risultati portando loro dei regali, soprattutto maglie. Nessun rappresentante dell'Atalanta risulta comunque iscritto nel registro degli indagati.

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