Viaggio nella caserma Montelungo
Gigante addormentato della città

È una città nella città. Vista da dentro, la cosa che impressiona della Montelungo sono le dimensioni, ben più imponenti di quelle che si possano percepire. Non è solo una caserma, è un pezzo di città grande come i dubbi che accompagnano il suo futuro.

È una città nella città. Vista da dentro, la cosa che impressiona della Montelungo sono le dimensioni, ben più imponenti di quelle che si possano percepire girando intorno all'isolato. Oltre il filo spinato, il passo carraio, i vetri rotti e gli edifici di inizio secolo scorso non c'è solo una caserma, ma un pezzo di città grande come i dubbi che accompagnano il suo futuro.

Vista da dentro si capisce anche come la (ormai ex) caserma più grande di Bergamo sia in realtà frutto di due unità ben distinte nel loro sviluppo. La Colleoni sul lato delle Muraine e di via Frizzoni, la Montelungo tutto il resto. Sono gli immensi cortili interni a creare relazioni ben più ardite di come la continuità delle facciate esterne farebbe presagire.

Perché vista da fuori la caserma sembra un monolite, un pezzo unico: da dentro la prospettiva cambia radicalmente, e la logica degli edifici racconta quella che per decenni è stato un mondo a parte. Quello dei militari. Un mondo diviso per gradi, tra soldati e ufficiali, spine e nonni. Ognuno nei suoi spazi. Rigorosamente. Un mondo che non c'è più, ma che riappare come un fantasma al di qua del muro.

Frammenti di un tempo che non c'è più. Come quel giornale del dicembre 1997, l'ultimo Natale della Montelungo prima della chiusura. Anche se gli ultimi ad andarsene furono quelli del presidio militare di stanza nella porzione della Colleoni, in largo del Galgario, a fine giugno del 1998.

Il problema della Montelungo non è più il suo passato, ma il futuro. Ovvero cosa fare di quei 23 mila metri quadri nel cuore della città dopo che l'ipotesi primaria, quella di nuovi spazi per la Galleria d'arte moderna e contemporanea, si avvia a finire nel cassetto.

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