Dibattito giovani e lavoro
«Manca una riflessione etica»

Ecco un'altra lettera giunta al sito web

«Gentile Direttore, vorrei inserirmi nel dibattito scaturito in merito alla lettera della giovane laureata. Leggendo le opinioni a favore delle difficoltà della ragazza, abbiamo la conferma inevitabile di una situazione lavorativa drammaticamente evidente di cui tuttavia non tutti comprendono la gravità. Ma leggere le opinioni di chi dissente, rivendicando una maggior fatica spesa per la costruzione di sé e del proprio lavoro, o una situazione di partenza già di per sé meno fortunata, significa davvero soppesare sulla bilancia le vite delle persone, significa non sapere e pretendere di giudicare e soprattutto ciò rivela tracce di limitazione profonda: la soggettiva revendicazione del “guardate io ho avuto di meno, io ho fatto e faccio più fatica …” significa non comprendere che è necessario far fronte comune e non fare la solita guerra tra poveri.

Ma soprattutto dissentire, significa non saper leggere quella storia, come il segnale di tante altre piccole, piccolissime storie sommerse, che avranno forse mai il coraggio della protesta. Sì, perché questo manca profondamente a noi come cittadini di questi tempi: il coraggio di essere insieme, di comprendere il vicino, colui che vive nella nostra prossimità e che semplicemente in un modo diverso vive il disagio ormai generale del lavoro che non si è ancora trovato o che si è perduto, forse chissà per quanto. La Costituzione recita nel suo primo articolo: “L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro." Ben inteso? Sul lavoro, non sul lavoro nero, e nemmeno su quello che non c'è, e a una mancanza cui ormai molti moltissimi sono condannati da decenni di politiche superficiali da parte di tutti gli schieramenti e partiti. Non dico nulla di nuovo, ma per favore non lasciamo spazio alle polemiche sterili, o alle puntualizzazioni della Federalberghi che rivendica la dignità, apparentemente offesa, del lavoro di cameriera. Anche i bambini alle elementari sanno che tutti i lavori sono massimamente rispettabili e dignitosi, dal livello più alto al più umile e faticoso.

Ma ancora il punto non è questo. Il punto è l'oziosità del ragionamento, il perdersi nel girotondo dell'io e ancora io, e perdere di vista i mali reali. Perché non sollecitare la Guardia di Finanza a maggiori controlli, perché non denunciare che sfrutta cittadini italiani e cittadini extracomunitari, perché non smetterla con l'accettazione supina o la protesta delegata ad altri delle cose che non vanno e non vanno più da molto tempo? Questo uno dei problemi, uno dei molti che si vivono giornalmente, e che si possono dimenticare prendendo la via dell'estero. Ebbene, possiamo anche andarcene in molti, o quasi, o ancora possiamo tentare di restare ma non senza aver detto con la voce del cuore e dell'intelligenza che una maggiore unione tra cittadini e una più viva passione civile farebbe bene alle nostre vite perché esse sono fatte anche di questo: il giusto lavoro per tutti e la serenità di vivere in un giusto Paese».

Una cittadina come tante

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