Amboni (Cgil) e il nuovo ospedale:
«Gestione inadeguata della Regione»

«Il nuovo ospedale serve, la collettività a livello nazionale e locale ha deciso di investire risorse ingenti perché è un'opera di cui c'è bisogno. L'opera va quindi terminata». Lo dice Orazio Amboni della Cgil.

«Il nuovo ospedale serve, la collettività, a livello nazionale e a livello locale, ha deciso di investire risorse ingenti perché è un'opera di cui c'è bisogno. L'opera va quindi terminata, bene e in fretta». Lo scrive in una nota Orazio Amboni responsabile del dipartimento Welfare Cgil di Bergamo.

«Ogni ulteriore ritardo - continua il comunicato stampa - non fa che aggravare la situazione e peggiorare i costi (non va dimenticato che per tutta questa fase vanno sostenute le spese di funzionamento sia per il nuovo che per il vecchio il quale deve essere perfettamente operativo e per questo ha bisogno di manutenzioni, riparazioni, adeguamenti fino al giorno prima di essere abbandonato)».

«Nessuno stop, dunque - aggiunge Amboni - ma è necessario comprendere le cause dei ritardi e dei maggiori costi e individuare le responsabilità. Alcune colpe stanno nella sciagurata scelta del luogo. Tutti a Bergamo sapevano, e per primi gli abitanti di Longuelo, che in quel terreno e nei dintorni l'acqua affiora. Lo si è voluto fare lo stesso lì nonostante i maggiori costi e nonostante il carattere di ospedale di rilievo nazionale per il quale qualche chilometro più in qua o in là non era così rilevante come per un ospedale a vocazione territoriale. Sul fatto che le nuove opere idrauliche previste possano davvero risolvere i problemi è legittimo nutrire qualche dubbio. Come si sa, l'acqua si infiltra, aggira, tende ad inabissarsi per riaffiorare più in là, nonostante i muri».

E ancora: «L'unica certezza è che le opere costeranno. Ma il problema dell'acqua non va sopravvalutato: qualche infiltrazione nei sotterranei non può essere la causa di ritardi così rilevanti (l'opera doveva essere pronta per l'autunno 2009, ora si parla del 2012) e neppure dell'incremento dei costi in una misura superiore al 30%. Ci sono altre cause che meritano di essere analizzate. Il ribasso del 23% con cui la ditta costruttrice si è aggiudicata i lavori è uno dei fattori che hanno portato a far lievitare i costi».

Amboni parla poi di costi e ritardi: «Per quanto una grossa impresa possa contare su economie di scala, far quadrare i conti con un ribasso di queste dimensioni è davvero difficile. Ecco allora i ritardi (anche nei pagamenti delle ditte di sub appalto), le richieste di revisione, le cause legali. Per chiudere le vertenze servivano dei soldi e i soldi che non c'erano per Bonometti ora ci sono per Nicora. Evidentemente la maggior affinità politica non serve solo per ispirare le linee di politica sanitaria».

«Ad un certo punto - continua la nota di Amboni - la Regione ha voluto prendere in mano completamente la gestione dell'opera attraverso Infrastrutture Lombarde SpA, una scelta che esautorato lo staff dell'Ospedale e che abbiamo criticato fin dall'inizio. È stata una scelta giusta? Ha fatto risparmiare tempo e denaro? A cose fatte è possibile riconfermare il giudizio negativo: l'affidamento di tutta la progettazione di dettaglio e della realizzazione concreta dei lavori ai fedeli e ben pagati manager della società partecipata non ha fatto che moltiplicare la spesa. Dalle finestre non a norma, alle luci, ai pavimenti, alle reti (gas, elettricità telefonia, ecc.) collocate in posti che rendono difficilissima la manutenzione, alla divisione degli spazi che renderà complicato sia il trasporto dei pazienti che l'uso di attrezzature per la pulizia, una serie di scelte tecniche che hanno costretto a interventi correttivi o che faranno sentire il loro peso in futuro. Il progetto iniziale lasciava ampi spazi a successive progettazioni particolareggiate: questi spazi sono stati male utilizzati. Dopo Piario anche Bergamo. Non c'è propaganda che possa smentire le nude cifre dei mesi e anni di ritardo e dei costi lievitati».

«Chi amministra la Regione - è l'accusa finale di Amboni - ha dimostrato nei fatti di non saperlo fare: la realizzazione della più grande opera della nostra provincia poteva e doveva essere in linea con le caratteristiche di laboriosità, sobrietà, concretezza della popolazione bergamasca è stata invece un esempio, se non di sperpero, quanto meno di scarsa oculatezza nell'uso dei soldi pubblici e di incapacità a rispettare tempi e scadenze. E manca ancora l'ultima puntata: la vendita del vecchio ospedale. Dopo la prima asta andata deserta c'è il rischio che con speculazioni al ribasso non si riesca a recuperare le somme preventivate e si debba mettere mano di nuovo alle risorse pubbliche mentre un'area della città rischia uno stravolgimento urbanistico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA