Due bergamaschi sulla Costa Concordia
«Terrorizzati ma dicevano: è solo vento»

«Ci siamo resi conto del rischio che abbiamo corso solo quando abbiamo toccato terra». Marta, 24 anni, e suo papà Ferruccio Ruffoni, 56, panettiere di Ornica, erano due degli oltre quattromila passeggeri della Costa Concordia.

«Ci siamo resi conto del rischio che abbiamo corso solo quando abbiamo toccato terra, siamo scesi dalla scialuppa e abbiamo visto quel bestione piegato di lato, la gente che veniva recuperata con i verricelli dall'elicottero e altri che arrivavano a riva a nuoto. Scene surreali: neanche adesso riesco a crederci. È stato come vivere un film». Marta, 24 anni, e suo papà Ferruccio Ruffoni, 56, panettiere di Ornica, erano due degli oltre quattromila passeggeri della Costa Concordia. Anche per loro la crociera si è trasformata in tragedia alle 21,30 di venerdì.

«In quel momento ci trovavamo al bar del ponte 5 – racconta Marta al telefono da Savona, dove ieri sera è arrivata in autobus col papà e altri naufraghi –. All'improvviso c'è stato questo enorme boato: i bicchieri hanno cominciato a cadere, è saltata la corrente e la gente ha iniziato a correre in ogni direzione, terrorizzata. Erano tutti in preda al panico. La nave ha cominciato a piegarsi, inizialmente su un lato: più tardi, invece, si sarebbe piegata sul lato opposto. Avevo capito che c'era qualcosa che non andava, ma in quel momento nessuno avrebbe immaginato un epilogo del genere. Nel senso che avevamo intuito che era successo qualcosa di grave, che la nave aveva urtato qualcosa, ma tutti cercavano di tranquillizzarci».

A questo punto Marta e il padre sono saliti alla loro camera, ponte 7: «Ho chiesto ad alcuni ragazzi dell'equipaggio cosa stava succedendo, ma tutti rispondevano che era solo un'avaria ai generatori. Anche dagli altoparlanti continuavano a dire la stessa cosa. Eppure le gente era impaurita. Devo dire che sono riuscita a mantenere la calma: sono uscita sul balcone della camera per scattare qualche foto, visto che la riva era molto vicina». Marta e papà Ferruccio sono poi usciti dalla stanza: «Ho chiesto aggiornamenti a un altro membro dell'equipaggio, che mi ha parlato ancora dell'avaria. Io gli ho obiettato: "Dimmi la verità, per favore, la nave si sta piegando troppo". Ma lui mi ha risposto che era il vento. Ma quale vento? Ero appena rientrata dal balcone e non c'era un filo di vento. Insomma, non ce la dicevano giusta. Era evidente. Siamo tornati una seconda volta in camera, perché volevo fare altre foto dal balcone, ma a quel punto era impossibile stare fuori per l'inclinazione della nave. Erano le 22,30 e solo allora, un'ora dopo l'impatto, è suonato l'allarme: dall'altoparlante ci hanno detto di indossare i giubbotti, che avevamo in camera, e di raggiungere i ponti esterni».

Papà e figlia hanno raggiunto il ponte 4: «Abbiamo visto le scialuppe cadere in acqua: su un lato della nave erano inutilizzabili. Ci hanno poi fatto scendere al ponte 3 per salire sulle scialuppe del secondo turno: a quel punto non si stava più in piedi. Erano i membri dell'equipaggio a tenerci dritti. Ed eravamo ormai a livello dell'acqua: infatti non siamo stati calati giù, ma abbiamo scavalcato la ringhiera del ponte e siamo saliti direttamente sulla scialuppa che era già in acqua. Ci muovevamo come automi. Attorno era il panico: soprattutto tra i bambini e le mamme, che sono stati fatti salire per primi sulle scialuppe. La nostra è stata la penultima scialuppa a lasciare la nave». Prosegue Marta: «Il personale è stato molto gentile, però non erano preparatissimi per una situazione del genere: del resto, chi poteva immaginare un bestione del genere piegarsi di lato? Nemmeno noi, finché non l'abbiamo visto dalla riva, pochi minuti dopo». A terra anche Marta e Ferruccio sono stati soccorsi dalla popolazione: «Sono stati stupendi: ci venivano incontro con le coperte. Qualcuno ferito c'era, ma nessuno era grave. A riva abbiamo visto altri naufraghi arrivare a nuoto e gli ultimi passeggeri soccorsi con il verricello».

Di notte Marta e papà Ferruccio si sono imbarcati sul primo traghetto per Santo Stefano e, ieri a mezzogiorno, hanno preso l'autobus per Savona, dove sono giunti in serata. E dove Marta, più incredula che terrorizzata, tenta di sdrammatizzare: «Sì, è stato come vivere il film Titanic. Però siamo qui a raccontarlo, anche se non riesco ancora a rendermene conto. È successo veramente?».

Fabio Conti

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