Navi e crociere: ecco come si vive
«Non colpevolizzate l'equipaggio»

«Sulle navi da crociera, per l'equipaggio, la vita è dura, molto dura. Colpevolizzare i dipendenti della Costa non ha senso: se non avessero mantenuto la calma sarebbe stato molto peggio». Ce lo racconta Francesca, una hostess bergamasca.

«Sulle navi da crociera, per l'equipaggio, la vita è dura, molto dura. Colpevolizzare i dipendenti della Costa non ha senso: se non avessero mantenuto la calma sarebbe stato molto peggio». Ce lo racconta Francesca, una hostess bergamasca.

Il una lettera inviata alla nostra redazione Francesca se la prende con chi, in tante trasmissioni e sui giornali, ha messo in cattiva luce i «ragazzi del crew». Hanno fatto molto, scrive Francesca: magari non tutti. Ma la paura, si sa, è una brutta cosa per tutti. E nell'emergenza - preparazione o non preparazione - ognuno reagisce a modo suo.

Dalle parole della nostra lettrice emergono lati poco noti della professione del «marinaio» (nel senso esteso del termine): e non è tutto rosa e fiori. Leggiamo insieme.


«Spett.le Redazione,
mi chiamo Francesca, ho 21 anni, abito in provincia di Bergamo e lavoro come Info Hostess per Msc Crociere. Riguardo alla tragedia della Costa Concordia, premetto che non intendo difendere il comandante (le sue responsabilità verranno accertate dalla magistratura e spero valutate di conseguenza) né difendere la compagnia Costa Crociere (visto che lavoro per la concorrenza).

Intervengo solo per sottolineare la mancanza di rispetto e di comprensione per il personale che lavora a bordo. Ho seguito trasmissioni televisive, ho letto i quotidiani e sentito molte interviste, in alcune delle quali ci sono state delle affermazioni inesatte.

Una tra le tante riguardava i giubbotti di salvataggio, che avevano le luci non funzionanti: ma occorre sapere che le luci dei giubbotti si accendono solo ed esclusivamente a contatto con l'acqua, quindi può ritenersi estremamente fortunato chi non ha visto accendersi la sua.

Oppure si sostiene che “chi si è imbarcato a Civitavecchia, a poche ore quindi dal naufragio, non ha fatto l'esercitazione di emergenza”: questa pratica è corretta dato che per le normative di sicurezza vigenti, le esercitazioni di emergenza (boat-drill) devono essere fatte entro 24 ore dall'imbarco dei passeggeri.

Non si possono poi colpevolizzare alcuni crew-members (uomini dell'equipaggio) solo perché di nazionalità asiatica. Costa fa parte del gruppo Carnival, e su tutte le navi di ogni compagnia, la lingua ufficiale è l'inglese. Prima dell'imbarco e durante la crociera, tutto l'equipaggio è sottoposto ad addestramento continuo per la gestione dell'emergenza; brutto da dirsi, ma il panico non è facilmente gestibile per nessuno; credo che molti dei membri dell'equipaggio abbiano saputo mantenere la calma e l'equilibrio, se così non fosse stato i superstiti non sarebbero stati così tanti.

Sia chiaro che anche una sola vita umana persa è una tragedia ma da qui a colpevolizzare i ragazzi del crew,  senza conoscere la “vita di bordo”, ce ne passa. Mi dispiace che in quasi tutte le trasmissioni sia stato menzionato l'equipaggio in modo negativo (tranne alcune eccezioni), sono state completamente dimenticate (e a volte denigrate) tutte quelle persone che lavorano sulla nave per guadagnarsi onestamente uno stipendio, costruirsi un futuro e che, ne sono certa, ce l'hanno messa tutta per svolgere fino alla fine il loro lavoro al meglio.

Quando lavoro con Msc, un contratto medio è di 6 mesi e a volte anche di più: sto tutti i giorni a contatto con pakistani, coreani, indonesiani, francesi, portoricani, samoani, tedeschi, turchi, e non ho mai pensato nemmeno per un minuto durante le esercitazioni (e ne facciamo tante, glielo assicuro!) una cosa tipo “ma perché la lancia alla quale sono stata assegnata è pilotata da un indonesiano?!?”

E sa perché? Perché quella persona, per me, è semplicemente un collega. Voglio solamente esprimere il mio disappunto nei confronti di chi non  riconosce la professionalità di circa mille persone che, come i passeggeri, hanno subito un brutto trauma, hanno perso tutto ed inoltre hanno perso anche il lavoro.

Concludo solamente affermando che la vita di un/una marittimo/a non è solo viaggiare, vedere posti nuovi e “spassarsela”, ma è anche una vita dura, piena di sacrifici, di rinunce, un lavoro che ha spesso orari che vanno dalle 8 di mattina alle 2 di notte da lunedì a..lunedì, lontani dalla propria famiglia, raramente a casa per Natale o per il compleanno. Quando hai qualche problema o sei malato, non c'è immediatamente qualcuno pronto a sostituirti, si lavora comunque anche se non mancano situazioni di vera solidarietà tra colleghi.

A prescindere da tutto credo che non siano i gradi a fare di un ufficiale un gentiluomo.. o donna che sia.
Buon vento a lei, alla sua redazione, a tutti».
Francesca

© RIPRODUZIONE RISERVATA