Bertone: «Racconterò al Papa
la bella festa di Vilminore»

Don Bosco, vissuto in una Torino piena di ingegneri e di sacerdoti del positivismo, lo chiamava il suo «Sistema preventivo», un meccanismo messo a punto dal santo per affrontare l’«emergenza educativa» - così la definisce il cardinale Tarcisio Bertone - del suo tempo. Un metodo che sta tornando decisamente attuale e che in buona sostanza - lo ricorda una suora di Maria Ausiliatrice, Giuseppina Gaiardoni - si può riassumere in tre parole: «Ragione, religione, amorevolezza». Perché quello cristiano non è uno stile di vita né oscurantista né tetro.

Monsignor Bertone oggi riveste una della massime cariche all’interno della Chiesa, quella di segretario di Stato, eppure è rimasto nel profondo un salesiano: alla fine della Messa non solo intona a gran voce «don Bosco ritorna», abbraccia calorosamente il parroco e i sacerdoti amici, si fa fotografare sul sagrato in mezzo alla Corale del paese ma chiama a sé la banda - un po’ sorpresa dall’invito fuori protocollo -, invita i musicisti a rimetter mano agli strumenti, alza l’indice della mano destra e si mette lui a dirigere, allegramente, una marcetta, e quando pensa che il refrain stia andando un po’ troppo per le lunghe con un gesto secco dà lo stop.

Si festeggia il 150° di fondazione della Società Salesiana e Vilminore, terra molto legata ai figli di don Bosco, è tutta pavesata per l’arrivo del braccio destro di Benedetto XVI. Ogni cosa è stata organizzata con grande cura, per settimane: non solo la chiesa e il viale ma anche i muri delle case, le ante delle finestre, le porte dei negozi sono tappezzati di colori pontifici e di foglietti dedicati a don Bosco. Monsignor Bertone era atteso qui da più di un anno:

«Da tempo - dice infatti iniziando l’omelia - avevo il desiderio di questa visita e finalmente, in questa bella domenica d’estate, sono riuscito a relizzarlo». Ha notato subito l’abbondanza degli addobbi: «Domattina - promette -, quando lo saluterò prima della sua partenza per una breve vacanza in Valle d’Aosta, racconterò al Santo Padre di questo paese inondato di bandierine e di fiori bianchi e gialli: forse - scherza - nemmeno nei viaggi del Papa se ne vedono così tanti».

Il cardinale è stato accolto da un saluto del sindaco, Giovanni Toninelli. Oltre all’arciprete di Vilminore, don Francesco Sonzogni, sull’altare c’erano altri tre vescovi: monsignor Francesco Beschi, ordinario di Bergamo, che saliva per la prima volta quassù, e due scalvini, Gaetano Bonicelli, emerito di Siena e Francesco Panfilo, che ha la sua cattedra un po’ più lontano, in Papua-Nuova Guinea.

La chiesa era stracolma, decine e decine di persone - tra queste gli alpini, con le loro rosse camicie scozzesi - hanno seguito la celebrazione in piedi. Il cardinale è apparso piuttosto stanco: «Questa è stata una settimana molto intensa per il Papa», e certamente anche per lui. Entrambi hanno incontrato Barack Obama, il nuovo presidente degli Stati Uniti, e anche la presentazione dell’enciclica «Caritas in Veritate» è stata impegnativa.

Le prime reazioni alla lettera «sociale» del Papa - dice il cardinale - «sono state positive: speriamo che ora arrivi un po’ a tutti i terminali della politica». Bertone spiega di essere «legato a questa splendida valle» dalle amicizie con tanti sacerdoti scalvini che hanno avuto poi ruoli importanti nella Chiesa; che questi paesi hanno «dato tanti salesiani», e li ricorda uno per uno.

Se Gesù chiama i suoi discepoli ad andare «fino agli estermi confini della Terra» - dice il cardinale - la sua voce qui in Valle di Scalve è stata ascoltata soprattutto «da una famiglia che noi tutti amiamo»: rende omaggio a Roberto Panfilo, «grande papà, padre di quattro sacerdoti di cui tre salesiani», che d’estate apriva le porte della sua casa ai seminaristi compagni di studi dei figli per qualche giorno di vacanza, e quella semplice ospitalità è parte della storia che ieri ha portato a Vilminore un Segretario di Stato vaticano.

Gesù - spiega il cardinal Bertone - chiama ad andare «oltre i confini dei progetti che ciascuno di noi traccia per la propria vita». Lui stesso - racconta - è diventato salesiano non per sua iniziativa ma perché gli fu proposto. Domandò consiglio al suo confessore, di 84 anni, che lo convinse con questa frase: «Io sono salesiano da sessant’anni e non mi sono mai pentito. Nella mia vita non sono mai stato triste».

È la stessa idea di cristianesimo che sottolinea spesso Benedetto XVI, che Bertone conosce molto da vicino e che definisce come un Papa «pieno di benevolenza e di gioia». Promette di raccontargli subito questa sua «bella visita», conclusa nel pomeriggio a Schilpario. In Valle di Scalve sono tanti gli «ex allievi» dei salesiani, anche se di scuole tenute dai figli di don Bosco non ce n’è.

Ma questa è gente abituata a camminare, a fare molta strada per poter studiare e c’è un sentiero sicuro che ha sempre portato questi ragazzi di montagna verso gli istituti dei Salesiani più a valle, il sentiero di un’educazione della persona profonda, ancorata ai valori della tradizione cattolica. A chi sente di appartenere al «movimento» animato da don Bosco il cardinale raccomanda: «Ritornate sempre alle sorgenti del suo carisma, ma soprattutto alle radici della fede». Quello di ieri, insomma, è stato «un momento solenne quanto familiare» come ha detto il parroco di Vilminore. Nello stile del «sistema» di don Bosco, appunto.

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