Influenza H1N1 e gravidanza
Il ginecologo: bisogna vaccinarsi

L’influenza A da virus H1N1 può colpire le donne in gravidanza con un incremento del rischio di finire in ospedale quattro volte superiore rispetto al resto della popolazione generale, senza contare che il 6% delle morti correlate all’H1N1 si è verificato in donne gravide, mentre solo l’1% della popolazione è in gravidanza. Basterebbero questi due dati per convincere qualsiasi donna in attesa di un figlio a sottoporsi al vaccino contro l’influenza A, eppure ancore molte non ne vogliono sentire parlare, convinte della sua tossicità per il feto che portano in grembo.

«Tutto ciò è assurdo – spiega Luigi Frigerio, direttore dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, presidente della Società Lombarda di Ostetricia e Ginecologia – perché il vaccino, assolutamente privo di mercurio contrariamente a quanto si pensi, è sicuro e senza rischi di complicanze neurologiche. La vaccinazione andrebbe fatta nel 2° e 3° trimestre - dalla 13ª alla 40ª settimana di gravidanza - e nei primi sei mesi di puerperio, mentre se ne sconsiglia l’uso nel 1° trimestre, perché non ci sono dati circa i potenziali effetti sull’embrione e sull’annidamento. Il passaggio attraverso il latte dell’adiuvante contenuto nel vaccino è altamente improbabile e anche l’assunzione di farmaci antivirali non costituisce una controindicazione all’allattamento».

Il quadro clinico dell’influenza A, sottolinea Frigerio, «è assai simile a quello delle altre influenze stagionali, ma la gravidanza rappresenta, nel 2° e nel 3° trimestre, un fattore di rischio per decorsi complicati. Le complicanze gravi, prevalentemente polmonari, sono rare, ma possono interessare donne senza alcuna precedente malattia. Nel 2° e 3° trimestre di gravidanza il rapporto rischio/beneficio è dunque a favore della vaccinazione di tutte le gravide indipendentemente dalle patologie preesistenti, anche quelle autoimmuni. A maggior ragione lo stesso discorso vale per le gravide con patologie preesistenti che aumentano il rischio di complicanze da influenza A».

Quest’influenza è simile alle altre influenze stagionali (tosse, mal di gola, naso chiuso e febbre), ma i segni di aggravamento in gravidanza sono, dice Frigerio, «la febbre elevata e persistente per più di 3 giorni, le difficoltà respiratorie, il catarro con striature di sangue, il dolore toracico e le alterazioni dello stato mentale. In questi casi la paziente deve essere ricoverata. Le malattie polmonari, cardiache, renali, epatiche, quelle del sangue, quelle neurologiche, il diabete e l’obesità grave aumentano i rischi, e se la donna gravida rientra in una di queste patologie deve essere informata sui sintomi che possono complicare l’influenza A».

Anche la vaccinazione delle donne che hanno appena partorito riduce il rischio influenzale e favorisce l’allattamento. «Nei primi mesi di vita – spiega Frigerio – il neonato riceve dalla madre gli anticorpi che lo proteggono dai rischi correlati all’infezione virale. Il latte materno è ricco di anticorpi e per contro non trasmette il virus influenzale. L’allattamento è una fonte di protezione determinante in un soggetto a rischio come è un neonato con scarsa reazione immunitaria, quando la madre ha l’influenza».

Ma la tutela delle mamme e dei neonati richiederà nuove cautele per proteggerli dal rischio di infezione. Sotto accusa le visite dei parenti in ospedale: «dovranno essere regolate da norme restrittive all’insegna della sicurezza e nell’interesse di ciascuno» ribadisce Frigerio.

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