Bossetti, dalle carte dell’inchiesta
emergono tante sue contraddizioni

Contraddizioni e presunte bugie a moglie, colleghi di lavoro e inquirenti. Ecco cosa pesa nel quadro delle accuse a Massimo Bossetti.

Pesano perché intaccano un elemento fondamentale: la credibilità del muratore di Mapello, che si professa innocente. Per esempio nel primo interrogatorio Bossetti, anziché trincerarsi dietro un comprensibile «non ricordo, sono passati quattro anni», aveva spiegato che il 26 novembre 2010 alle 17,45 (ora in cui il suo cellulare ha agganciato la cella di Mapello) stava tornando a casa dopo il lavoro, dal cantiere di Palazzago.

Disse che passava abitualmente da Brembate Sopra e che andava dritto a casa, ma le telecamere lo smentiscono: il suo furgone viene ripreso 14 volte mentre gira in tondo attorno alla zona della palestra, in orario compatibile con la presenza e l’uscita di Yara.

Poi alle 14,30 del 26 novembre è stata emessa una fattura per acquisto di materiale edile e di un giubbotto da parte di una ditta di Villa d’Adda, intestata a Massimo Bossetti. Che dunque non poteva essere in cantiere.

Poi ci sono le presunte calunnie a un collega.

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