Caporalato: «Raccolgo insalata
Venti euro in nero al giorno»

«Tutto regolare, tutto regolare. Non scrivere che ci pagano in nero, altrimenti è finita...». Aleggia la paura di perdere il posto di lavoro sul viso del giovane immigrato di origine indiana che porta avanti e indietro cassette appena riempite di insalata. Per 20 euro al giorno.

«Tutto regolare, tutto regolare. Non scrivere che ci pagano in nero, altrimenti è finita...». Aleggia la paura di perdere il posto di lavoro sul viso del giovane immigrato di origine indiana che porta avanti e indietro cassette appena riempite di insalata.

Siamo in un campo della pianura bergamasca (non scendiamo nei dettagli per evitare ripercussioni agli stranieri), nel quale il proprietario ha deciso di coltivare non più mais o granoturco, come nella tradizione della nostra Bassa, quanto piuttosto la verdura, soprattutto l’insalata che poi viene venduta ai grossisti, confezionata e piazzata nei supermercati, per comparire infine sulla nostra tavola, magari in occasione del Natale.

E a un prezzo piuttosto basso. Del resto anche la manovalanza non costa molto. «Una ventina di euro», ammette un indiano. Al giorno? «Sì. Ma non lavoriamo sempre». In che senso? «Ci chiamano loro...». Tutto ovviamente in nero.

Capolarato a tutti gli effetti, dunque, ma nell’epoca degli smartphone (molti degli immigrati hanno infatti in tasca telefonini di ultima generazione). Per chi viene a lavorare nei campi della Bassa non è come per i muratori che vengono arruolati in strada, all’alba, per andare nei cantieri. No. Chi raccoglie l’insalata viene avvertito via messaggino sul cellulare che il tal giorno, o quello dopo, servirà il suo impegno nel tal campo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA