Capovilla, 40 anni di episcopato

Il 16 luglio 1967 l’ex segretario di Papa Roncalli, eletto alla sede di Chieti e Vasto, veniva ordinato vescovo. Come due anni fa, per il suo novantesimo compleanno, monsignor Loris Capovilla non ha voluto festeggiamenti: anche se in quell’occasione i messaggi augurali gli arrivarono «a corone». Questa volta però anche se per lui sarà sempre un giorno come gli altri, la ricorrenza si carica di grande significato per l’anagrafe «ecclesiale». Insomma - e ci perdonerà se contro la sua volontà lo ricordiamo ai nostri lettori - monsignor Capovilla compie quarant’anni di episcopato.

Quattro decenni di intenso servizio per la Chiesa e la società. Oltre che - quasi ovvio aggiungerlo - altri quarant’anni a servizio di quel «padre e maestro» che lo volle accanto a sé da patriarca di Venezia nel 1953, confermandolo quel 28 ottobre 1958 in cui mutò vello: non più cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, ma Giovanni XXIII. Il Pontefice al quale ha legato la sua vita, e del quale è rimasto di nome e di fatto segretario, nonostante il succedersi sulla cattedra di Pietro di altri quattro Papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. Il Pontefice che, disse il 22 maggio 1970 il cardinale Angelo Dell’Acqua, «aveva fiuto speciale per conoscere gli uomini e vagliare i suoi collaboratori e quanto alla capacità e quanto alla fedeltà».
Se però saranno solo telegrammi, telefonate, visite di amici, a fermare per qualche ora il suo quotidiano chinarsi su antiche carte, documenti e ritagli di giornali, lì in quelle tre stanze di Ca’ Maitino a Sotto il Monte, è sin troppo facile immaginare che nella quiete della residenza dove abita dalla fine degli anni ’80, oggi ci sarà più spazio per la preghiera e un bilancio spirituale. Magari favorito dai richiami offerti da quegli oggetti carichi di ricordi che gremiscono le sale attraversate più volte al giorno, e che portano alla cappella posta all’ingresso di quella che fu la dimora estiva di Angelo Giuseppe Roncalli, oggi museo custodito dalle suore delle Poverelle dopo la donazione della famiglia Scotti. Un bilancio su un magistero pastorale che «è stato ed è» - per usare le laiche parole dell’ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi due anni fa - «un esempio di dedizione e di servizio», nonché «preziosa testimonianza di impegno per il bene comune, nel segno di alti valori spirituali che l’hanno sempre ispirata».

Del suo servizio accanto a Papa Giovanni molto sembra essere stato detto, ma toccherà agli storici spiegarne il ruolo senza favoleggiare, ma con realismo come ha già invitato a fare Andrea Riccardi riconoscendo l’importanza della sua testimonianza (come di quella di Pasquale Macchi, accanto a Paolo VI, o di Stanislao Dziwisz accanto a Papa Wojtyla). E con realismo ci si dovrà spiegare anche perché Capovilla finì duramente sotto il tiro di testate abituate a mestare nel torbido: accusato d’influenzare il Papa nelle sue scelte ora troppo ecumeniche ora troppo concilianti con l’Est, o con i disegni di Aldo Moro (gli effetti di quella «neutralità attiva» che ebbe anche in don Andrea Spada un acuto osservatore).

Qui ricorderemo che, consacrato vescovo da Papa Montini quarant’anni fa, alla vigilia del Sessantotto, Capovilla ebbe come sua prima destinazione l’Abruzzo: quattro anni già vagliati dagli storici dove emerge un pastore ancorato al progetto conciliare nel quale fece prevalere la componente meditativa e profetica non staccandola mai dalle preoccupazioni per ogni forma di povertà: materiale, religiosa, culturale. Poi nel 1971 il passaggio alla sede titolare di Mesembria (già di Roncalli quando fu nominato delegato apostolico in Turchia e Grecia) con la nomina a delegato pontificio al santuario di Loreto (dove lottò anche contro certe forme di devozionalismo superficiale tra i pellegrini). Infine, per sua scelta, il ritiro (dopo 17 anni alla guida della Santa Casa) nel solo luogo che poteva attirarlo: Sotto il Monte. Da quel momento, nel paese natale di Giovanni XXIII (dove nel 1981 accolse Papa Wojtyla da lui visto per la prima volta tre giorni prima dell’apertura del Concilio, l’8 ottobre 1962, quando il cardinale Wyszynski presentò al Papa bergamasco l’allora vicario capitolare di Cracovia) può finalmente dedicarsi agli studi prediletti. Senza risparmiarsi: aiutando quanti chiedono i suoi consigli, storici d’orientamenti diversi, biografi, devoti, giornalisti.

Continuando con rigore e passione a editare testi, saggi, epistolari (attualmente è al lavoro, tra l’altro, sulla riedizione delle Lettere 1958-1963). E mantenendo una rete di corrispondenze in tutto il mondo: per consentire a tutti quell’approfondimento di Papa Giovanni al quale invitava già pubblicandone nel 1964 il «Giornale dell’anima», la bussola che continua a indicare a quanti lo interrogano sul «mistero Roncalli», testo che consiglia anche ai «più poveri tra i poveri», cioè «gli orfani di Dio», trovando tempo per i semplici che vogliono solo salutarlo, per commuoversi davanti a bambini che gli raccontano i loro progressi a scuola, genitori che gli portano bambini malati, giovani alla ricerca della fede. Aprendo le sue porte a chi bussa ed è interessato - direbbe Papa Giovanni - alle «cose di Dio».
(16/07/2007)

© RIPRODUZIONE RISERVATA