Il macchinista sotto choc
«Avevo il semaforo verde»

Al magistrato ha dichiarato di essere passato con il «verde», cioè con il segnale di via libera, che dovrebbe essere possibile solo quando le sbarre del passaggio a livello sono regolarmente abbassate. E gli inquirenti gli credono.

Bergamo, piazza Dante, poco dopo le 15. Sono passate cinque ore da quando il «suo» treno in corsa ha travolto un’ambulanza al passaggio a livello di Pontida e lui, il macchinista, giovane e appartenente all’«impianto» di Lecco, indossa ancora la divisa verde delle Ferrovie, quando lascia il palazzo della Procura della Repubblica.

Viene da un’ora buona di interrogatorio, sentito come persona informata sui fatti dal sostituto procuratore Maria Cristina Rota, che coordina l’inchiesta. Le indagini sono ancora in corso, ma la posizione del macchinista sembra ormai ben delineata: non ha colpe per il tragico incidente ferroviario in cui hanno perso la vita Umberto Pavesi e il figlio Claudio. Il pm lo ha sentito nella veste di testimone, non di indagato.

Al magistrato ha dichiarato di essere passato con il «verde», cioè con il segnale di via libera, che dovrebbe essere possibile solo quando le sbarre del passaggio a livello sono regolarmente abbassate. E gli inquirenti gli credono.

«Avevo la luce verde», ha ripetuto al pm nel corso dell’interrogatorio il giovane macchinista. «Avevo il segnale di via libera, non mi aspettavo certo che il passaggio a livello fosse aperto». Invece la sbarra era sollevata. «Mi sono trovato l’ambulanza davanti, in mezzo ai binari – ha dichiarato agli inquirenti, ancora sotto choc – subito ho azionato il freno e i dispositivi acustici, ma l’impatto è avvenuto pochi secondi dopo, inevitabilmente». Il pm Maria Cristina Rota ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo.

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