Il missionario e il principe di Monaco per aiutare i ragazzi del Camerun

Un missionario bergamasco del Pime, padre Maurizio Bezzi (48 anni di Foresto Sparso), e il principe Alberto di Monaco. Per una di quelle strane vicende della vita, che non stupiscono quanti si occupano di missioni, i due sono protagonisti di una singolare collaborazione a favore dei ragazzi di Yaounde, in Camerun. «Galeotta» una foto di padre Bezzi che gioca a calcio con i suoi ragazzi e dalla quale è nato l’interesse di Montecarlo - del principe - per l’opera del missionario. Fino alla realizzazione di un centro per i giovani che associa il nome della pricipessa Grace a quello di Edimar, un «menino de rua».

Sono quasi le cinque di pomeriggio al centro sociale Edimar di Yaounde, capitale del Camerun, e padre Maurizio, «Maurissio» come lo chiamano tutti da queste parti, si sta scaldando l’acqua per una pasta. Non ha ancora mangiato, racconta al telefono, proprio non ha avuto tempo. Eppure la sua giornata è iniziata molto presto. Dalle sei di mattina insegue i suoi ragazzi nei commissariati della capitale africana e per le strade oppure li aspetta e li incontra a Edimar.

Il centro sociale Edimar, per i ragazzi di Yaounde

Anche se da quasi 20 anni vive in Africa, prima a nord, a Maroua, nei villaggi del Camerun e poi dal 1991 a Yaounde la megalopoli di un milione e mezzo di abitanti, padre Maurizio non perde le buone abitudini imparate in Val Calepio: si alza presto e continua a lavorare senza sosta fino a sera, spinto dal desiderio di crescere e accompagnare i 1.500 ragazzi che in tre anni hanno frequentato il suo centro. Proprio come suo padre, muratore per una vita a Foresto Sparso, abituato a lavorare dalle sei alle sei e oltre. «Qui non vengono per mangiare e dormire - racconta padre Maurizio Bezzi, mentre rigira la sua pasta all’altro capo del mondo - ma trovano me e una quindicina di operatori pronti a guidarli nello studio, nella ricerca di lavoro, nel sostegno morale, e poi tra una cosa e l’altra tanti spontaneamente mi chiedono di parlargli del mio Dio». Una bella sfida per quell’uomo semplice e sorridente che vive in Africa non per offrire il piatto di minestra e un giaciglio per dormire, ma per sfamare le coscienze di tanti ragazzi e adolescenti senza famiglia e punti di riferimento.

È stata proprio quella sua disarmante semplicità e quel suo sorriso che racconta tutta la passione di una vita per i giovani a conquistare persino il principe Alberto di Monaco, oggi alla guida del principato ereditato da papà Ranieri. «Tutto con una fotografia che mi ritraeva mentre giocavo a calcio con i miei ragazzi scattata da un fotografo in viaggio in Camerun». Quell’immagine ha conquistato John Martinotti, coproduttore del World Music Awards di Montecarlo, gli Oscar musicali del principato.

«Mi chiama e mi chiede di che cosa ho bisogno. E io gli rispondo che mi serve un centro di accoglienza per quei ragazzi». E così il governo cattolico camerunense di Paul Biya dona alla diocesi di Yaounde un terreno vicino alla stazione - uno dei luoghi più duri della città - e Monaco Aide et Présence, associazione umanitaria di Montecarlo fa il resto. Il suo presidente onorario, il principe Alberto, non solo dà il via libera agli aiuti per il centro di padre Maurizio che apre nel 2002 ma chiede ai suoi collaboratori, durante la visita ufficiale in Camerun del 2003, d’inserire una tappa anche al Foyer Principesse Grace, quello che per tutti è Edimar. «Adesso sembra che io e il principe Alberto siamo vecchi amici - ride padre Maurizio, che quasi si schernisce di tutte quelle regali attenzioni -: ricordo bene quella giornata. Che cosa ho fatto? Mi sono lavato le mani prima di stringere la sua. E poi? Gli ho preparato il caffè!». Niente trattamento principesco insomma, ma la buona educazione e il rispetto con cui padre Bezzi tratta tutti, che siano i suoi ragazzi o un corteggiatissimo sovrano (nelle fotografie, due momenti della visita di Alberto di Monaco al Centro di padre Bezzi).

«Se oggi qua si tira avanti - aggiunge però con un pizzico di orgoglio padre Maurizio -, si pagano gli operatori, si migliorano le attrezzature, è anche grazie alla generosità di tanti bergamaschi che continuano a sostenere la nostra opera con aiuti economici o trascorrendo periodi di volontariato. Cerco di tornare ogni anno per far visita ai miei cari e per raccontare come vanno qui le cose». Vuole respirare un po’ d’aria orobica padre Maurizio Bezzi e sentire il calore della sua famiglia. «È dal 1984, anno in cui sono stato ordinato sacerdote che sono in giro, prima a Sassari e poi a Catania in parrocchia, poi un anno a Parigi prima di prendere il volo verso le missioni. Eppure io mi sento bergamasco e basta. Sono in buona compagnia, qui con me c’è anche il nunzio apostolico, l’arcivescovo Eliseo Ariotti, di origine arzaghese».

È tardi. Padre Maurizio deve andare, lo chiamano dal commissariato. Uno dei suoi ragazzi è di nuovo nei guai. La pasta si scuoce. Non c’è tempo per pranzare. Sarà per un’altra volta.

Padre Bezzi al lavoro con i ragazzi di YaoundeElena Catalfamo

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