Inchiesta Infrastrutture Lombarde
Nel mirino pure le feste al Pirellone

Ricche consulenze e cotillons. Nell’inchiesta che ha portato in carcere il direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, un’intero capitolo è dedicato a Poliedrika. Ovvero la società di Erika e Monica Daccò, figlie di Pierangelo.

Ricche consulenze e cotillons. Nell’inchiesta che ha portato in carcere il direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, un’intero capitolo è dedicato a Poliedrika. Ovvero la società di Erika e Monica Daccò, figlie di Pierangelo, il faccendiere condannato a 9 anni per il crack del San Raffaele e ora a giudizio insieme a Roberto Formigoni per il caso Maugeri.

Nell’ordinanza si rileva come Infrastrutture Lombarde avrebbe affidato la gestione del 31° piano del Pirellone per feste ed eventi alla Poliedrika «in via diretta» (possibile fino a 20 mila euro), attraverso un «indebito e ingiustificato» frazionamento degli importi degli appalti. In questo modo si sarebbero violati «i principi di rotazione, trasparenza e imparzialità della pubblica amministrazione»: quelli che avrebbero richiesto una gara con invito ad almeno 5 concorrenti.

Il primo contratto da agosto 2009 a luglio 2010 prevede un fisso di 48 mila euro più Iva, e una percentuale del 40% sul risultato: la proroga per 2 anni, 96 mila euro e una percentuale del 13 sui ricavi. Fatti due conti, a Poliedrika sono andati 318 mila euro «d’indebito vantaggio».

Ma quando Daccò padre finisce in carcere per il San Raffaele la situazione precipita, e Rognoni comincia («Ha un atteggiamento ossessivo» si legge) ad evitare in ogni modo contatti con le due sorelle. Solo che Poliedrika è ben introdotta, e riesce a bypassare Rognoni che, in una telefonata intercettata, si sfoga con l’avvocato Carmen Leo (anche lei tra gli indagati): «Continuano a lavorare, io ho chiuso il contratto... Ho fatto di tutto per chiudere il contratto appena è venuto fuori il casino... E viene fuori che queste stanno ancora fissando feste e cotillons»

Ma ora la cosa che preoccupa di più sono le conseguenze per Expo, «L’indagine non riguarda appalti e meno che meno l’Expo», taglia corto Roberto Maroni. «La Procura fa infatti riferimento ad irregolarità nelle consulenze». Il che non è proprio indolore, e solleva comunque fior di dubbi sulle modalità di gestione di Infrastrutture Lombarde. Ma il governatore fa muro: «In 10 anni la società ha gestito appalti per 11 miliardi di euro. Ebbene non c’è un euro di questi che i magistrati dicono sia finito nelle tasche sbagliate. Non c’è uno di questi appalti, men che meno quelli su Expo, che la Procura dice siano stati fatti male».

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