Norcia perde il suo patrimonio e la storia
Castelraimondo, mille sfollati su 4 mila

La Basilica di San Benedetto, la cattedrale di Santa Maria, la chiesa di San Francesco, quelle di Santa Rita e di Sant’Agostino. Norcia, devastata dal terremoto, perde il suo patrimonio artistico e, con esso, «parte del suo passato».

Romano Cordella, storico dell’arte, autore della più dettagliata guida di «Norcia e il suo territorio», parla con un groppo alla gola. È straziante, e lunghissimo, l’elenco dei beni culturali finiti in macerie. Negli occhi c’è la luce che, in questa giornata splendente di di sole, filtra dal rosone della basilica di San Benedetto: dietro non c’è più niente. La chiesa non c’è più. «In piedi resta solo la facciata tardogotica, simbolo della città e del suo orgoglio comunale. E quel rosone, appunto», dice all’ANSA Cordella. «Di tutte le chiese di Norcia, città che ne conta a decine, nessuna è rimasta illesa. Proprio a partire dalla basilica del grande figlio di Norcia e patrono di Europa, Benedetto. Da oggi è rimasta scoperchiata e anche il ”portico delle misure”, a fianco della basilica, si è sgretolato. E così il campanile, una delle meraviglie dell’Umbria per la sua altezza e i suoi ornamenti, elevato nel 1388 e poi ricostruito nella parte sommitale dopo il terremoto del 1703». Proprio nel corso del ’700 la basilica di San Benedetto «cadde tre volte e per tre volte i monaci celestini che abitavano nell’attiguo monastero la ricostruirono. Nella cripta vi sono resti della Nursia romana, tra i più consistenti rimasti».

Sempre affacciata su piazza San Benedetto, a poche decine di metri dalla basilica, «la chiesa di S. Maria Argentea, concattedrale della diocesi di Spoleto-Norcia, è crollata per due terzi seppellendo un organo settecentesco. Si spera - auspica lo storico dell’arte - non abbia ferito il celebre crocifisso ligneo di Giovanni Tedesco della fine del 400».

Ma allora che futuro per Norcia? «Certamente - risponde Cordella - rinascerà dalle sue ceneri come la Fenice e forse troverà altre stagioni prosperose come quella appena stroncata. Ma con questo terremoto Norcia perde un’altra parte del suo passato, irrimpiazzabile, così come è avvenuto in altri momenti della sua storia, per altri terremoti. Nel 1328 perse la sua facies romanica e preromanica, nel Settecento tutta o gran parte della fase rinascimentale e barocca, nell’Ottocento la più significativa fase settecentesca, i suoi palazzi vissuti, ammobiliati, decorati. Oggi Norcia perde parte della sua impronta ottocentesca che la rendeva così linda e distinta dalle fisionomie medievali tipiche delle altre città umbre».

Intanto sono almeno 1.100, secondo l’amministrazione comunale, gli sfollati a Castelraimondo (in provincia di Macerata), dopo la scossa di questa mattina, su una popolazione totale di 4.588 abitanti. Risultano inagibili circa 480 unità immobiliari su un totale di 1.970.

La macchina dei soccorsi è aperta presso la sede provvisoria del Comune istituita nella Scuola elementare E. De Amicis. Due le «zone rosse» istituite nel capoluogo, una nel centro storico, con 110 unità immobiliari pubbliche e private evacuate, e una in viale Europa, con 260 abitazioni evacuate. Nelle zone limitrofe alle ’zone rossè sono state individuate almeno altre 130 unità immobiliari danneggiate. Si sono aggravate anche le lesioni già registrate con il terremoto del 26 ottobre. Erano già stati dichiarati inagibili la sede del Palazzo municipale, la Torre monumentale del Cassero e la Chiesa di San Biagio. Chiusi anche la Chiesa della Sacra Famiglia, il cimitero del capoluogo e la Chiesa attigua, parzialmente crollata.

Tutte le frazioni del Comune sono state seriamente danneggiate. Evacuata la frazione di Castel Santa Maria e dichiarata zona rossa. Anche le chiese di tutte le frazioni sono chiuse e inagibili, in particolare quella di Brondoleto, che ha subìto il crollo della facciata. Crollata parzialmente anche la Chiesa di Castel Santa Maria. Crolli parziali o totali hanno interessato numerosi immobili con conseguente chiusura di alcuni tratti di strade comunali e provinciali.

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