Rapper cresciuto a Brescia e ora in Siria
nella lista nera dei terroristi più temuti

Finisce sulla lista nera dei terroristi internazionali del Dipartimento di Stato americano Anas el-Abboubi, 24enne italo-marocchino cresciuto nel Bresciano, con un passato da rapper col nome Mc Khalif e un presente da combattente in Siria nelle fila dello Stato Islamico.

Il giovane, indica Washington, «pone significativi rischi di commettere atti terroristici» ed è tra i 50 foreign fighters di origine italiana che stanno combattendo in Siria. Nato in Marocco nel 1992, el-Abboubi arriva in Italia all’età di 7 anni. Cresce a Vobarno (Brescia). Nel marzo del 2012, Mtv gli dedica uno speciale dal titolo «Al ritmo di Allah, la storia di Mc Khalif», nel quale parla del suo ruolo di artista italiano-musulmano.

Ma il 12 settembre 2013 il ragazzo viene arrestato dalla Digos di Brescia. Pochi giorni dopo avrebbe dovuto sostenere l’esame di maturità in un istituto professionale. Pesanti le accuse: addestramento con finalità di terrorismo internazionale e incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi. Gli investigatori sospettavano che volesse fare attentati alla stazione ferroviaria di Brescia, alla caserma Goito dell’Esercito e al cavalcavia Kennedy, nel centro della città lombarda.

Nel blog «Sharia4Italy» aveva pubblicato una raccolta di sue traduzioni di documenti jihadisti. Dopo due settimane Abboubi viene però scarcerato. Passano pochi mesi e l’ormai ex rapper «sparisce». Si saprà poi che è partito da Malpensa con un volo per Istanbul e da lì ha raggiunto la Siria dove si è unito al Califfato col nome di battaglia «Abu Rawaha al Italy».

Nel giugno 2015 un video apparso in rete mostra Anas insieme a una serie di combattenti in divisa militare. Dello stesso anno le chiamate alla famiglia intercettate da un telefono siriano. «Tutto bene grazie ad Allah, avevo chiamato solo per sapere come state...sono in guardia...in un posto, non so dove, non mi interessa sapere...» dice Anas. Il padre gli chiede se vuole tornare e di non preoccuparsi, che non gli accadrà nulla, ma lui è categorico: «Ma vuoi che mi diano dieci anni di prigione? Sai dove sono o no? mica stiamo scherzando qua?». E poi: «Lascia stare, anche quello, lo chiami modo di vita che un essere umano potrebbe vivere là? Vivi con loro come un cane, maledetti».

Secondo i magistrati il giovane ha ormai «portato a termine un vero e proprio addestramento militare sul campo». Ecco perché, «nel caso decidesse di far ritorno in Italia, appare concreto, tenuto conto del disprezzo manifestato dall’indagato verso gli stili di vita occidentali, il pericolo di azioni dimostrative e violente nel contesto di una sorta di terrorismo di ritorno».

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