Stati Uniti choc: quattro morti
Assalto al Congresso dei fan di Trump

Il mondo è sotto choc per un assalto senza precedenti, con scontri e quattro morti a Capitol Hill, il cuore della democrazia americana. Ad attaccarlo sono stati migliaia di fan di Donald Trump mentre era in corso la seduta del Congresso per certificare la vittoria di Joe Biden, nello stesso giorno in cui i democratici hanno conquistato il Senato e quindi l’intero Parlamento.

Il mondo è sotto choc per un assalto senza precedenti, con scontri, feriti e ben quattro vittime, a Capitol Hill, il cuore della democrazia americana. I dati sono stati riferiti dall’emittente «Nbc». Cinquantadue gli arresti nella notte del 6 gennaio, cinque le armi recuperate. Ad attaccare sono stati migliaia di fan di Donald Trump mentre era in corso la seduta del Congresso per certificare la vittoria di Joe Biden, nello stesso giorno in cui i dem hanno conquistato il Senato e quindi l’intero Parlamento.

Dopo aver sfondato le recinzioni e i deboli cordoni di polizia, i supporter, alcuni armati e in mimetica, hanno infranto alcune finestre e hanno fatto irruzione nel Campidoglio. Al Parlamento è scattato il lockdown, la seduta è stata sospesa, la polizia ha dovuto impugnare le armi per difendere gli eletti e usare i lacrimogeni, ordinando a deputati e senatori di indossare la maschera antigas e di stendersi a terra. Mike Pence, che presiedeva la sessione, è stato scortato fuori dal Senato mentre un supporter di Trump si accomodava sul suo scranno. È stata quindi mobilitata la Guardia nazionale e proclamato il coprifuoco in città ma questo non ha impedito nel frattempo scene di violenza e guerriglia. Feriti diversi agenti e, gravemente, una donna, colpita al petto da un colpo d’arma da fuoco da un agente del Campidoglio, morta poi qualche ora più tardi. Altre tre persone sono morte per emergenze e complicazioni mediche. Sono 13 i feriti e 52 le persone arrestate, molte per violazione del coprifuoco. Intanto il sindaco di Washington ha esteso l’emergenza pubblica per altri 15 giorni, fino al 21 gennaio, il giorno dopo l’insediamento di Joe Biden, appuntamento per il quale si temono nuovi forti tensioni. E, dopo il no di Camera e Senato alla prima obiezione sul voto in Arizona, il Congresso è tornato a riunirsi e sta ora esaminando e contando i certificati dei voti del collegio elettorale, Stato per Stato.

«Questa non è una protesta, è un’insurrezione. La nostra democrazia è sotto un assalto senza precedenti, un assalto contro i rappresentanti del popolo», ha denunciato Joe Biden esortando Trump ad andare in tv a chiedere la fine dell’assedio. Cosa che il presidente ha fatto solo dopo un lungo silenzio e due deboli e tardivi tweet in cui chiedeva ai suoi sostenitori di stare tranquilli: «L’elezione ci è stata rubata, ma dovete andare a casa. Non vogliamo che nessuno resti ferito». Ma a fomentare la protesta e a incendiare il Paese è stato proprio Trump, che continua pericolosamente a rifiutare di riconoscere la sconfitta.

«Non concederemo mai la vittoria a Biden, i repubblicani che la certificheranno sono deboli e patetici», aveva tuonato in mattinata il presidente uscente davanti a migliaia di fan senza mascherina radunatisi davanti alla Casa Bianca per «salvare l’America».

Trump non ha mollato neppure dopo la batosta del Senato, dove i dem hanno incassato una vittoria storica nella roccaforte repubblicana della Georgia. Per tutto il giorno non ha fatto altro che rilanciare le accuse di brogli. «Avremo un presidente illegittimo, non possiamo permetterlo», ha arringato i suoi sostenitori, sbarcati in una capitale blindata dopo i tafferugli che già si erano consumati l’altra notte. Per l’ultima spallata il presidente si è appellato non solo alla piazza ma anche ai parlamentari repubblicani, chiedendo una prova di lealtà che ha dilaniato il Grand old party. Il presidente uscente ha messo sotto pressione anche il finora fedele Mike Pence, chiamato a presiedere il Congresso in seduta plenaria. «Se Mike fa la cosa giusta vinciamo le elezioni, se non ci aiuta sarà un giorno triste per il nostro Paese», aveva detto nella speranza di fargli forzare la procedura. Ma il suo vice lo ha gelato con una nota: «La Presidenza appartiene agli americani. Non ritengo che i padri fondatori volessero investire il vice presidente con l’autorità unilaterale di decidere quali voti devono essere contati e quali no».

Il Congresso ha proclamato nella giornata del 7 gennaio Joe Biden e Kamala Harris presidente e vicepresidente degli Stati Uniti al termine della seduta del Congresso a camere riunite per certificare i voti del collegio elettorale, vinto dal ticket dem con 306 voti contro i 232 di quello repubblicano. Il parlamento ha respinto alcune contestazione avanzate da esponenti repubblicani dopo che la seduta era stata interrotta per l’assalto dei manifestanti pro Trump a Capitol Hill. Biden e Harris giureranno il 20 gennaio. E’ stato il vicepresidente Mike Pence a dichiarare l’accettazione da parte del Congresso dei voti del collegio elettorale, spianando la strada alla cerimonia del giuramento il 20 gennaio.

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