Truffa alla Pigna, deposizione fiume di Paglia

Tre ore di deposizione per Giorgio Paglia davanti al giudice Federica Gaudino, nella vicenda che vede Joseph Picone e l’avvocato messinese Filippo Battaglia, difesi rispettivamente dagli avvocati Gianfranco Lenzini e Chiara Bezzi e chiamati a rispondere di truffa ai danni delle Cartiere Pigna di Alzano per una cifra di oltre 4 milioni di euro. Il dirigente, amministratore delegato della Pigna all’epoca dei fatti, tra il 2003 e il 2004, era stato indagato per questa vicenda: la sua posizione era stata poi archiviata su richiesta della stessa Procura. In sostanza sarebbe stato anche lui vittima, e non artefice del maxi raggiro alle Cartiere. Paglia è stato chiamato come teste dell’accusa - assistito dagli avvocati Olivati e Zampogna - per chiarire la questione. Paglia, dimessosi dall’incarico in seguito a questa vicenda, ha raccontato: «A metà 2003 mio cugino Carillo mi aveva chiamato, chiedendomi di convocare in Pigna Picone, un suo amico di famiglia. Mi ha precisato che l’incontro poteva portare sviluppi importanti per un affare in Venezuela». All’incontro, Picone si era presentato accompagnato dal fratello dell’avvocato Battaglia, e aveva illustrato un inserimento della Pigna nel Plan Robinson (rivelatasi una prospettiva inesistente), che il governo venezuelano stava varando per l’alfabetizzazione del Paese: si trattava di un investimento di 160 milioni di dollari. Lo stesso giorno l’ex amministratore delegato ha detto di aver informato telefonicamente, tra gli altri, l’avvocato Enrico Felli, consigliere di amministrazione, e l’on. Giorgio Jannone. Successivamente Paglia ha spiegato di essersi recato in Venezuela, dove ha incontrato per la prima volta l’avvocato Battaglia e Picone. Personaggi su cui Paglia ha chiarito di aver fatto accertamenti. Da qui Paglia si è convinto della bontà dell’affare, confermata da contatti ufficiali col governo venezuelano, compresa una visita al ministero dell’istruzione per accreditare la Pigna. Da queste basi era partita la trafila per portare a buon fine l’affare, attestatosi su una fornitura di quaderni per 30 milioni di dollari. Punto dolente della vicenda i pagamenti fatti, per un totale di oltre 4 milioni di euro. Due piuttosto cospicui: uno da 1.500.000 dollari a una società di assicurazioni caraibica, per tutelare il governo venezuelano nell’affare e 1.740.000 euro consegnati a Joseph Picone. Con riferimento a quest’ultima cifra, Paglia ha dichiarato: « Picone ha dato il denaro a mio cugino Carillo: metà circa della somma è stata trattenuta da Carillo, e il resto è andato all’avv. Battaglia». A febbraio 2005 Paglia si è dimesso: «Ancora oggi mi sembra una follia esserci comportati come ci siamo comportati. Quei soldi potevano essere recuperati in qualche modo, sotto forma di altre forniture, di bond, o di petrolio, e io stesso mi sono offerto di farlo: non mi è stata data la possibilità».(25/11/2008)

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