Vallanzasca non uscirà dal carcere
Il giudice dice no alla libertà condizionale

Il tribunale di Sorveglianza di Milano ha respinto le richieste di liberazione condizionale e di semilibertà presentate dalla difesa di Renato Vallanzasca, il protagonista della mala milanese negli anni ’70 e ’80 condannato a 4 ergastoli e a 296 anni di carcere.

«Cambiamento profondo», «intellettuale ed emotivo», e «non potrebbe progredire» continuando a stare in cella. È con queste motivazioni che la direzione della casa di reclusione di Bollate, in una relazione firmata da un’equipe di esperti, riteneva che al bandito potesse essere concessa la liberazione condizionale, ossia possa finire di scontare la pena fuori dal carcere in regime di libertà vigilata.

Il suo legale, l’avvocato Davide Steccanella, nell’istanza per la liberazione condizionale e in subordine per la semilibertà (il detenuto torna in carcere la sera) ricorda che Vallanzasca sta per «compiere 70 anni» e che ha «trascorso, seppur con qualche breve intervallo, l’intera propria esistenza in carcere». Una detenzione iniziata nel 1972, «con un intervallo complessivo di meno di un anno» fuori «per le due evasioni», e un totale di «mezzo secolo» dietro le sbarre, 45 anni per l’esattezza. «Ci troviamo di fronte - scrive la difesa - ad un detenuto entrato in prigione appena dopo il compimento della maggiore età e che oggi uscirebbe da ’vecchiò».

Il «pensiero» di Armando Lucchesi, figlio di Bruno, agente di polizia che morì il 23 ottobre 1976 in uno scontro a fuoco con Renato Vallanzasca e alcuni uomini della sua banda, resta, però, «sempre lo stesso, non cambia:Vallanzasca ha messo in croce tante famiglie, anche la nostra. Rispetterò qualsiasi decisione del giudice, ma non riesco, non posso perdonare». La banda Vallanzasca è colpevole anche di due omicidi in uno scontro a fuoco al casello dell’autostrada di Dalmine. Vittime Luigi D’Andrea e Renato Barborini, 31 e 27 anni, che quel giorno, 6 febbraio 1977, prima di essere colpiti a morte riuscirono a ferire Vallanzasca, catturato 9 giorni dopo a Roma.

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