I Litfiba infiammano Bergamo
Che si scopre rockettara

Energia sopra e sotto il palco, a flusso continuo. Diecimila fan scatenati hanno risposto alle sollecitazioni della più forte rock band che l'Italia abbia mai avuto da trent'anni a questa parte. Altro che sodalizio di comodo: Ghigo Renzulli e Piero Pelù sono tornati per incendiare i palchi d'entusiasmo e mettere in scena la loro visione del rock, caldo, sperimentale, mediterraneo, «politico». È la musica che parla, la voce di Piero, la chitarra di Renzulli ed il suono tellurico di una band che ha ancora una sacco di cose da dire.

Avevano ragione i fan dei Litfiba a non seguire con convinzione le acrobazie del cantante in arrampicata solitaria e la chitarra di Ghigo avvinta ad un marchio, ma sotto sotto demotivata: è insieme che i due fanno faville e gonfiano i muscoli ad un rock che non conosce esitazioni. Di nuovo insieme, hanno scelto di ripartire da loro stessi, ma soprattutto dal live, dal concerto, da una scaletta basata sui successi che hanno fatto la storia del gruppo, arrangiati come una volta, con le stesse sonorità sparate alla luna.

Il look di Pelù è lo stesso dei primi anni '90: gilet, borchie, pantaloni attillati di pelle nera. Ghigo con la chitarra rossa fa prodezze hard. La band è nuova a metà: Daniele Bagni e Federico Sagona, rispettivamente basso e tastiere, vengono dal gruppo di Pelù, Pino Fidanza era il batterista di fiducia di Renzulli. C'è una sorta di par condicio sul palco, e tutti lavorano alla potenza del suono, alla coesione di un rock chitarristico che suona granitico, senza per questo rinunciare agli slanci melodici.

La scaletta privilegia inizio e centralità della storia. Si parte dal delirio annunciato di Proibito che batte in testa e manda subito i fan in solluchero. «Ciao popolo Lumbard!», «Benvenuti al concerto per spiriti liberi, benvenuti nello stato libero di Litfiba!». Al primo solo di Ghigo si alza un urlo di popolo; poi si va sul classico di Resta, Cangaceiro, Paname dedicata al movimento studentesco Onda verde che in Iran combatte la dittatura. E ancora Bambino, Il volo. Una puntata veloce sul repertorio di Spirito e si torna al repertorio di Tex e Fata Morgana.

Pelù è il solito animale da palcoscenico: la sua è un'idea di live a corpo morto, che si combina con l'audace teatralizzazione del canto. Non ci sono altri frontman come lui in Italia, nessuno può neppure ambire al suo carisma feroce. Il taglio delle canzoni è molto rock, quello che il pubblico vuole. Basta con l'ironia, i suoni etnici, il pop che Pelù ha sperimentato ballando da solo; qui si fa del rock elettrico, «riffoso», ruvido come le parole che Piero manda all'indirizzo dei poteri forti.

Ci sei solo tu lancia il rituale del bis. La band ha lasciato in fondo gli hit più amati: Maudit, Dimmi il nome, El Diablo. A questo punto il pubblico è completamente stregato, partecipa, canta, salta, sbraccia come un sol ossesso. Un boato saluta il ritorno in scena della band. Lacho Drom e in chiusura Lo spettacolo, l'ultimo riff a tutto rock dei Litfiba, la loro Satisfaction, la promessa mantenuta di un gioco che è rinato. Ora lo spettacolo deve solo continuare.

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