Bombassei: «Sul Km Rosso
il territorio è assente»

«Amarezza, gelosie, processo culturale». Sono alcune delle parole chiave che sintetizzano lo sfogo a tutto campo di Alberto Bombassei sul Kilometro Rosso. Questa volta non si parla né dei successi della sua Brembo ma del parco scientifico.

«Amarezza, gelosie, processo culturale». Sono alcune delle parole chiave che sintetizzano lo sfogo a tutto campo di Alberto Bombassei sul Kilometro Rosso. Questa volta non si parla né dei successi della sua Brembo né delle vicende passate e presenti di Confindustria. Si parla del parco scientifico.

Targato come «privato» quando andava bene: «Quasi fosse un'etichetta d'infamia». Bollato anche come operazione immobiliare o speculazione: «Mi è costato vi garantisco un bel po' di soldini». E soprattutto: «Doveva dare un'accelerazione. Ma non è stata capita o ha fatto comodo non capire perché la reazione del territorio è estremamente modesta».

Eccolo il sasso lanciato: il Kilometro Rosso non è la Brembo, non è Bombassei, è un «bene comune». «Ma quando ci siamo guardati indietro dopo aver presentato a tutti il progetto gh'era nisù».

Presidente, da dove è partita 10 anni fa l'idea del Kilometro Rosso?
«Tutti parlavano del mercato globale ma non succedeva niente. Siamo stati fra i primi a dire: attenzione, bisogna investire di più in ricerca e sviluppo. Se lo dici alla Bayer o alla Volkswagen sfondi una porta aperta. Ma il nostro sistema è per la stragrande maggioranza di piccole aziende e se lo vai a dire a Rossi Giovanni a Comenduno che ha 20 o 30 persone dice sì, ma come faccio? ...».

Le strade quali erano?
«Abbiamo iniziato a predicare e qualcosa abbiamo inciso anche a livello di Confindustria. Il sapere dell'Università e l'impresa per decenni non si erano parlati. In questi anni si sono riavvicinati. Una strada per le piccole può essere appunto appoggiarsi a chi il sapere ce l'ha. Oppure fare iniziative come questa e come ne sono state fatte a Trieste e a Torino...»

Tutta l'intervista su L'Eco di Bergamo del 14 luglio

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