Calderoli oltre

di Giorgio Gandola

Nella società della comunicazione l’ultima dichiarazione è quella che conta, soprattutto per i politici in perenne stato di eccitazione elettorale. Forse per questo il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, si è sentito in dovere di fare una puntualizzazione psichedelica.

Nella società della comunicazione l’ultima dichiarazione è quella che conta, soprattutto per i politici in perenne stato di eccitazione elettorale. Forse per questo il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, si è sentito in dovere di fare una puntualizzazione psichedelica riguardo all’evoluzione giudiziaria dei suoi insulti al ministro Kyenge e alla decisione della Procura di Bergamo di chiedere il giudizio immediato per diffamazione aggravata.

«Ritengo sconcertante il fatto che su L’Eco di Bergamo e sul sito del medesimo giornale sia comparsa la notizia che il gip Giovanni Petillo abbia a tempo di record accolto la richiesta del pm e fissato il processo per il 6 maggio senza che il diretto interessato nè il suo avvocato ne avessero ricevuto comunicazione alcuna. Generalmente celerità fa rima con efficienza, ma in materia di Giustizia penso che abbia una certa rilevanza anche il rispetto delle procedure». Fin qui niente da dire, se non che giornale e sito hanno la buona abitudine di pubblicare le notizie quando ne vengono in possesso e non di lasciarle frollare come fagiani. Aggiunge Calderoli: «Auspico la medesima solerzia ed efficienza per la risoluzione del caso di Yara Gambirasio, per cui parenti e amici attendono giustizia da quasi tre anni, anche se capisco bene che una frase detta in un comizio sia più grave di dell’omicidio di un’innocente tredicenne». Un parallelo sgangherato e strumentale che nessuno merita. Nè chi lavora per risolvere il caso, nè una famiglia trafitta che in silenzio chiede solo rispetto.

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