Esuberi?
No, persone

Persone. Sono persone con una testa, un cuore e famiglie che da loro dipendono, gli impiegati Italcementi-Heidelberg oggi in bilico sul cornicione del lavoro. Sono persone che si mobilitano per salvaguardare un bene prezioso in una città scossa dalla notizia fin dalle fondamenta.

Perché quello bergamasco è anche uno dei territori più dinamici e ricchi d’Europa, quindi non avvezzo a incassare pugni così dolorosi in pieno volto. Queste persone meritano solidarietà e rispetto. Soprattutto meritano una mano tesa da parte del convitato di pietra di tutta questa faccenda, la politica. Anzi i politici, coloro che dopo un lungo silenzio distratto e colpevole proprio oggi alzano la voce. Ma invece di affiancarsi alle parti sociali nel provare a mitigare l’impatto delle decisioni tedesche, litigano fra loro.

Accuse e controaccuse, uno sgomitare disordinato per posizionarsi in prima fila. Se l’atteggiamento è perfino comprensibile a caldo, diventerebbe strategicamente deleterio in funzione di un risultato da raggiungere. La canea non ha mai fatto diminuire gli esuberi, che per noi restano dolorosamente persone. In questi otto anni di crisi abbiamo visto cadere Indesit, Honegger, Manifattura Val Brembana; non un posto di lavoro è stato salvato da politici avvezzi al dire e non al fare.

Serve un cambio di passo, serve un fronte vero che parta da Bergamo e arrivi a Roma dove un nuovo ministro dello Sviluppo economico è indispensabile. Perché i vertici di Heidelberg non mitigheranno mai le loro decisioni se non davanti a un rappresentante del governo. La politica può ancora avere un ruolo e un riscatto. Ma dovrà tornare a distinguere fra esuberi e persone.

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