Giustizia in ferie

Marcello Maddalena, procuratore generale presso la Corte d’appello di Torino, è un grande magistrato ed un apprezzato giurista. Sabato, all’apertura dell’Anno giudiziario, si è lasciato un po’ andare e ha preso di punta il presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Il premier, ha spiegato il magistrato, sembra volersi ispirare «al personaggio di Napoleone della Fattoria degli animali di orwelliana memoria» (un dittatore, per dirla in soldoni), impegnato a «far lavorare gli altri (i magistrati, per chi non l’avesse capito) fino a farli crepare dalla fatica, come il cavallo Gondrano». Poi lo scandalo delle ferie di cui le toghe godono, che Renzi ha messo in discussione – dice Maddalena – «brutalmente e malamente», evocando «l’accusa, anzi l’implicita condanna, di scansafatiche».

Prosit. Che delicatezza, quella del procuratore generale. Visto il tono del dibattito non è neppure il caso di tirare in ballo la riforma della giustizia, di cui tanto ci sarebbe bisogno: dall’una e dall’altra parte sembra tutto ridursi al giorno in più o in meno di lavoro. Restando sul superficiale, verrebbe solo da ricordare a Maddalena che i magistrati sono pur sempre i dipendenti pubblici più pagati – anche giustamente, visto il delicato incarico che ricoprono–: e in questi tempi di lacrime e sangue possono pure esser chiamati a un qualche piccolo sacrificio, come i tantissimi italiani che i sacrifici già hanno fatto. Oppure sono samurai invincibili, anzi intoccabili? Verrebbe da pensarla così.

Molti hanno detto, in questi anni, che Berlusconi ce l’aveva con la magistratura. Ora tocca a Renzi. Vuoi vedere che il problema non è politico, ma di corporazione?

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