Il cappio e la memoria corta

Benedetta Ravizza

Non capita spesso di calcare la scena del Donizetti. Può darsi quindi che il coup de théâtre di Pierguido Vanalli, sindaco di Pontida, sia stato ispirato dalla scena. Il risultato però non cambia.

Non capita spesso di calcare la scena del Donizetti. Può darsi quindi che il coup de théâtre di Pierguido Vanalli, sindaco di Pontida, sia stato ispirato dalla scena. Il risultato però non cambia. Una mimica démodé, ed ecco che la fascia tricolore in un movimento scomposto viene girata attorno al collo a mo’ di cappio. Sulla platea cala il silenzio, qualche risolino amaro tra i 200 colleghi in platea che partecipano alla manifestazione anti Patto di stabilità. «Lo Stato ci sta facendo questo, strangola i Comuni – spiega il lumbard –. È come se fossimo poggiati su un seggiolino traballante: ci taglino la corda, non ci tolgano il seggiolino». È l’evoluzione dell’estetica leghista. Nel 1993, in Parlamento, era il deputato di Cantù Luca Leoni Orsenigo a sventolare nell’aula di Montecitorio un cappio di corda, alludendo alle forche per i politici venduti. In piena Tangentopoli si alludeva allo Stato corrotto.

Oggi lo Stato non viene rinnegato: «Io la fascia tricolore la tengo, rappresenta i miei cittadini», spiega lo stesso Vanalli. Che sembra però un marziano venuto da Pontida. Il primo cittadino del «sacro suolo padano», prendendosela col ministro alle Autonomie locali Delrio («Una volta che si varca la soglia di Roma ci si dimentica di essere stati amministratori»), dimostra infatti di avere la memoria corta. Lui stesso, proprio mentre era sindaco, è stato parlamentare dal 2008 al 2013. In maggioranza, quando erano ministri Tremonti e Calderoli, autori di Finanziarie non proprio tenere con gli enti locali. Il cappio, allora, era nel cassetto? Oppure, restando in tema, Vanalli aspettava Godot? Nel gesto si nota una familiarità col teatro dell’assurdo.

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