Il «morto vivente»

di Giorgio Gandola

«Lei è morto da sei anni, ci restituisca la pensione». Davanti a una simile richiesta qualcuno rischierebbe di morire davvero, invece Francesco Giuzio, 79 anni di Bari, ha cominciato a correre da un ufficio all’altro per dimostrare di essere vivo.

«Lei è morto da sei anni, ci restituisca la pensione». Davanti a una simile richiesta qualcuno rischierebbe di morire davvero, invece Francesco Giuzio, 79 anni di Bari, ha cominciato a correre da un ufficio all’altro per dimostrare, scartoffie alla mano, di essere vivo.

La delirante lettera era arrivata alla sua banca da parte (manco a dirlo) dell’Inps, che comunicava il non accreditamento della pensione per il mese di febbraio 2014 nonchè la necessità di vedersi restituire la bellezza di 72.000 euro, vale a dire sei anni di pensione stessa.

Motivo: causa decesso, avvenuto il 16 marzo 2008. A quel punto l’impiegato di banca ha telefonato a casa al signor Francesco per sincerarsi di non essere su «Scherzi a parte» e ha lanciato l’allarme burocratico.

Il pensionato, ovviamente vivo e vegeto, non ha potuto fare altro che recarsi all’ufficio anagrafe a richiedere un certificato di esistenza in vita, scoprendo che il pasticcio era nato proprio lì.

Il comune di Bari, in data 31 gennaio 2014, aveva spedito due raccomandate a Inps e Asl dichiarandolo morto. Qui la voce di Francesco s’incrina: «Quel giorno è deceduto mio figlio di 37 anni, forse qualcuno ha pensato di far morire anche me».

Inghippo risolto? No, perchè nel frattempo l’Asl ha rigettato le sue analisi del sangue perché morto. Il pasticcio continua, ma noi siamo certi che alla fine Francesco Giuzio vincerà. Detto questo, se Matteo Renzi comincia la rottamazione da certa burocrazia pubblica, è ben fatto.

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