La livella

«Caro direttore, lungi da me voler suscitare polemiche o sminuirne figura e impegno ma perché l’uccisione di un magistrato deve apparire, quanto meno nei titoli del suo e di altri giornali, più importante di quella di un avvocato? E perché in questi giorni su tutti i media si parla della solitudine solo del magistrato?Cordiali saluti». (Lettera firmata)

Il grido di dolore arriva da un avvocato, fin troppo facile intuirlo, ed è alto e forte. La tragedia di Milano ha coinvolto tutti e ha lasciato tutti nella più grande desolazione. Non ci sono differenze davanti alla morte; il giudice , l’avvocato, l’imprenditore diventato coimputato. Tutti uguali e tutti egualmente degni del nostro totale rispetto. La livella funziona sempre.

Nel momento in cui pensiamo a loro, pensiamo al novantanove per cento dei magistrati che lavorano sodo e in silenzio per far funzionare, pur fra mille difficoltà, la Giustizia. Pensiamo agli avvocati che credono nella loro professione e fanno del diritto alla difesa e dell’esercizio di questo valore un punto d’onore della loro vita. Pensiamo a chi si trova davanti un’arma pronta a fare fuoco senza alcuna responsabilità. Nessuno è solo davanti alla nostra solidarietà.

I titoli sono un’altra cosa, sono la sintesi di un fatto che diventa evento. E mettono in evidenza ciò che è più eclatante, ciò che avrà più conseguenze pubbliche. Come hanno potuto notare tutti, l’uno per cento dei magistrati, più avvezzo alla politica che alle aule di tribunale, ha subito preso la palla al balzo. Visto che non sbagliavamo?

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