Mister Khan

Il nuovo sindaco di Londra è praticamente uscito da un film in un momento di distrazione del proiezionista. Nel senso che per una volta il cinema ha anticipato la realtà, raccontando in trent’anni le difficoltà, le disperazioni, l’ironia, le speranze, l’integrazione, la scalata sociale della comunità pakistana nella capitale più multietnica d’Europa.

L’ultimo film della specie è del 1999: East is East, titolato in italiano «Una famiglia ideale», dove si racconta con tratto lieve il destino di una famiglia arrivata dall’Asia, con padre, madre (gestori di una rosticceria fish and chips) e sette figli più o meno scapestrati. Si chiamavano Khan. Proprio come l’avvocato dei diritti civili Sadiq Khan che ha sbaragliato tutti nella corsa elettorale e, da musulmano, ha scelto una cattedrale cristiana - Southwark - per il giuramento da primo cittadino, garante degli altri otto milioni. Laburista, 45 anni, beneficiario dei disastri mediatici del conservatore Boris Johnson (l’ultima gaffe quel «mezzo keniano» sibilato a Obama), Khan costituisce una novità assoluta dal punto di vista statistico e solo da quello. Laico, per nulla incline al fanatismo, ha assicurato che rappresenterà tutti e sin da domani verrà messo alla prova. C’è chi è convinto che i suoi nemici più aspri saranno proprio i fondamentalisti, che l’intelligence controlla a fatica e grazie ai quali chiamare Londonistan la capitale del Regno Unito non è più solo perfido folclore.

Khan ha vinto perché è bravo, dicono. Lo si scoprirà presto. Ora si può solo prendere atto che l’Inghilterra, sempre più incamminata verso la laicité francese (si spera senza le sue degenerazioni) è la stessa che a giugno potrebbe mettere in gioco la sua appartenenza all’Europa. E questo neppure la fantasia del cinema l’aveva mai previsto.

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