Situazione dracmatica

«La situazione è dracmatica». I social la stanno raccontando così, costretti alla sintesi e a una certa levità strutturale, mentre la Grecia si avvicina al giorno del referendum. Nella virata di Tsipras c’è qualcosa di anomalo che mette a nudo le debolezze del premier, ma anche l’arroganza di un’Europa ormai incapace di essere soggetto terzo e super partes.

Così invasiva e dirigista da trasformarsi sempre più in un attore della politica dei Paesi membri. La debolezza di Tsipras sta nel mettere sulle spalle dei suoi cittadini il peso d’una scelta che toccherebbe al governo legittimato cinque mesi fa (non cinque anni fa) a portare avanti il programma che l’ha condotto alla vittoria.

Era illogico pensare di congelare l’Iva, bloccare la riforma delle pensioni, chiudere due occhi sull’evasione fiscale e produrre nuovo debito? In campagna elettorale - e la cosa vale anche per i partiti italiani - è facile promettere mari e monti. Poi si rischia di dover entrare in cartoleria a comprare un atlante. Se il popolo greco è in un vicolo cieco, in tanti hanno contribuito a mettercelo, anche un premier leggerino che adesso si sposta di lato e dice alla sua gente smarrita e disillusa: «Fate voi».

Peggio si sta comportando l’Europa di Bruxelles, un direttorio senz’anima che subito ha cavalcato il referendum per provare a scalzare da Atene un governo non allineato e problematico, che legittimamente negozia su tutto pur di portare a casa un risultato favorevole.

La Grecia rappresenta il 2% del Pil della Ue e i suoi 330 miliardi di debiti sono stati bruciati due volte in questi anni dalle fibrillazioni di Borsa. Una faccenda che Pericle avrebbe risolto in un minuto. Juncker e Varoufakis neanche in una vita.

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