Socratica rassegnazione

di Francesco Anfossi

Silvio Berlusconi non è il primo ex premier che deve scontare una pena in giudicato con l’affidamento ai servizi sociali. Bere l’amaro calice toccò anche ad Arnaldo Forlani, il cui cursus honorum politico non ha molto da invidiare a quello del Cavaliere.

Silvio Berlusconi non è il primo ex premier che deve scontare una pena in giudicato con l’affidamento ai servizi sociali. Bere l’amaro calice toccò anche ad Arnaldo Forlani, il cui cursus honorum politico non ha molto da invidiare a quello del Cavaliere: entrato nella direzione nazionale Dc a 31 anni, divenne per nove legislature deputato (poi anche eurodeputato), fu premier nei primi anni ’80, più volte ministro (Partecipazioni Statali, Difesa, Esteri) e infine segretario nazionale della Dc.

La famosa F del patto del Caf (gli altri due erano Andreotti e Craxi) fu condannato nel 1998 a due anni e due mesi per finanziamento illecito ai partiti nel processo sulla maxitangente Enimont. Scontò per intero la sua pena a Roma, presso la Caritas diocesana della Capitale, con «socratica rassegnazione», come ebbe a dire. La mattina entrava nel cortile del Vicariato, dove ha sede la Caritas e raggiungeva il suo ufficetto, una mansardina ricavata nel Palazzo del Laterano, due piani sopra quello del cardinale Ruini, che condivideva con un archivista obiettore di coscienza di origine srilankese, Alexius Perera.

L’archivista Forlani, in pantaloni casual e pullover, sistemava i ritagli di giornale, fotocopiava la rassegna stampa, collaborava senza firmare alla rivista bimestrale «Roma Caritas», mangiava alla mensa diocesana. Aveva scelto il silenzio nonostante si fosse sempre proclamato innocente, con cristiana rassegnazione: «Per me - commentava - il fatto che le cose umane prendano una piega diversa, appartiene all’ordine naturale delle cose». Forse è per questo che non pensò mai a costruirsi un centro per anziani o una sede della Caritas nella sua villa di Pesaro.

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