Statue di sale

Nel mondo al contrario la risposta è in una domanda. Temevamo che le distruggesse a picconate come l’Isis o che ritirasse i 17 miliardi d’investimento? Nel mondo al contrario sta tutta la polemica per le quattro statue incapsulate nei Musei Capitolini, nude per secoli e prigioniere di un burqa di legno durante la visita del presidente iraniano Rouhani.

Davanti al sorriso sardonico di mezzo mondo, il ministro della Cultura Dario Franceschini ha allargato le braccia e ha detto: «Scelta incomprensibile, eccesso di zelo della Soprintendenza, nessuno ha avvertito me o Renzi». La Soprintendenza, in una delle più imbarazzanti partite a tennis all’italiana, risponde: «No comment, chiedete a palazzo Chigi».

Lo scandalo corre sui media mentre si fa largo la consueta, granitica subalternità alla Fracchia dell’italica stirpe nell’accogliere l’ospite di turno. Il Dalai Lama fu fatto entrare dalla porta di servizio per non irritare la Cina; a Gheddafi fu costruita una tendopoli con amazzoni e danzatrici perché potesse rilassarsi e venderci il petrolio a minor prezzo; a Rouhani sono stati nascosti i nudi perché «gli arabi si scandalizzano». Scelta infelice per un motivo molto semplice: si scandalizzeranno gli arabi del golfo (forse), non i persiani come il presidente iraniano che qualche ora prima aveva amabilmente conversato con il Papa davanti a una parete affrescata con putti ignudi. Ma a nessuno in Vaticano - dove si esercita la nobile arte della diplomazia da qualche secolo - era venuto in mente di occultarli. Ora al ministero pagherà l’intendenza, che nelle corti pasticcione è sempre più realista del re.

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