Viva il volante

Scusate, ma io voglio il volante. L’entusiasmo tecnologico per l’auto senza guidatore che vede impegnate nella ricerca Google e Fiat-Chrysler è durato qualche ora. Non di più. Io non mi fido, voglio il volante.

Sentirlo, farlo scivolare, avvertire il ritorno del servosterzo, impostare la curva con sicurezza, passare dalla passività alla grinta, sorpassare quello lì che guida col cappello (altra definizione dei morti di sonno) e poi rientrare in carreggiata con il pieno dominio dei comandi. Questa idea che durante un viaggio in auto avrei anche il vantaggio di telefonare, conversare, perfino leggere è del tutto bislacca. Per un semplice motivo: posso già farlo. Per telefonare basta avere un auricolare o il bluetooth collegato con la radio; per conversare basta avere al fianco una persona interessante (e qui sta il difficile); per leggere basta dotarsi di audiolibro. C’è Paolo Poli che in questi giorni mi racconta i Promessi Sposi in modo magistrale. Che libro, che fascino. La scena della mamma che depone sul carro dei monatti la piccola Cecilia non deconcentra, ma riempie di valore il vuoto di un trasferimento e toglie la flebile tentazione di ascoltare La Zanzara.

Il conducente ha una sua essenza filosofica, la simbiosi fra uomo e auto ha un secolo di storia e due colonne sonore: «Si viaggiare» di Battisti e «L’illogica allegria» di Gaber. «Da solo/ lungo l’autostrada/ alle prime luci del mattino/».Quante volte è capitato, quante volte in quell’istante abbiamo avvertito un senso pieno di serenità. E non ci si venga a dire che le assicurazioni costeranno di meno; questo non succederà mai neppure con le auto senza ruote. Correte pure a comprare la Panda Lonely con i sensori per non centrare un Tir. Io continuo a guidare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA