Una camicia bianca per Bagutta
La famiglia Gavazzeni festeggia 40 anni

Il nome è arrivato mentre si trovava in una stamperia nel Comasco, alla ricerca di tessuti. Pino Gavazzeni stava parlando con un giovane stilista: «Ero già dell’idea di fare una linea nuova e gli dissi che volevo un nome italiano dato che a quei tempi era di moda la terminologia inglese e francese. Lui mi ricordò che a Milano c’era una strada che si chamava Bagutta: mi piacque subito quella parola e il suo suono, e il giorno dopo registrai il marchio».

Così 40 anni fa Pino Gavazzeni, ora 75enne, decise di dare il via a un nuovo brand di camicie: qualche anno prima aveva preso in mano le redini della Cit Spa, camiceria con sede ad Arcore e nata dall’ingegno imprenditoriale dello zio Vittorio Polli, originario della Valle Brembana: «Apparteneva alla famiglia che aveva fondato la Manifattura della Valle Brembana» ricorda Pino, che per Bagutta aveva un progetto ben definito: «Una linea sartoriale ma con quella creatività stilistica che si respirava soprattutto nel Milanese: mi sono avvalso sempre di giovani menti emergenti» spiega. Poi sei anni dopo l’incontro con Giorgio Armani: «Disegnò le nostre camicie uomo e donna per circa 12 anni: l’etichetta divenne a quei tempi “Bagutta by Armani”, e il suo gusto minimale è ancora parte integrante del nostro brand». Che ora è sotto la supervisione di Antonio, terza generazione in azienda e figlio di Pino: «Questo anno è molto importante: festeggiamo i 40 anni e lo facciamo con una camicia bianca». Il motivo è semplice: «Siamo partiti da lì, trasformando questo modello in un’icona contemporanea nei materiali e dettagli – spiega -. Ora l’abbiamo ripensata iniziando ancora una volta dal tessuto».

Perché la storia di una camicia è tutta condensata in un solo gesto, che è la scelta del tessuto stesso: «Abbiamo prodotto, in partnership con il Gruppo Albini, un modello uomo e donna, in numero limitato e realizzata nel pregiato Super Popeline 200, tessuto ottenuto da un filato sottilissimo ed esclusivo, in cotone egiziano Giza 45, della collezione haute de gamme David e John Anderson».

Lavorato in doppio ritorto e con un lento processo artigianale, si tratta di un cotone raffinato, talmente fine che ne servono 75 km per realizzare una camicia: «Tessuto pregiato e ricercatissimo e dettagli sartoriali – continua Gavazzeni -. Per il collo l’adesivo per esempio è lo stesso usato dai sarti, i bottoni sono in madreperla mentre il fit è moderno». Con la tradizione che si fa contemporanea: «Per Bagutta la camicia bianca è il mito delle origini: un fattore identitario profondo», che andrà anche al Pitti Uomo il prossimo gennaio, tra nuove stampe, lavaggi preziosi per il denim e disegni pure tridimensionali: «Abbiamo chiuso il 2014 stabilmente (33 milioni per la Cit) , seppur consapevoli delle difficoltà di alcuni mercati a noi cari come la Russia e il Giappone, dai cambi svantaggiosi – commenta Gavazzeni -. Nuovi progetti ce ne sono molti, e tra questi un monomarca a Roma nel 2015 e l’idea di aderire al Polo del lusso di Percassi nel 2016, a Orio». E non solo con le camicie: la linea lanciata lo scorso anno – Bagutta Evoluzione -, torna al Pitti con una trentina di capi uomo e donna all’insegna di capispalli e un total look che va a rafforzare ancora di più l’identità del brand tra felpe e t-shirt, materiali tecnici, tanto jersey e il numero 40 che diventa stampa celebrativa. «In questi anni siamo sempre stati un marchio riconoscibile, coerente e contemporaneo. Fedele a se stesso – conclude Pino Gavazzeni -, in un’identità stilistica in cui crediamo, proseguendo con eleganza e una classe senza tempo.

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