Sprazzi d’azzurro
ma le nubi restano

Hai voglia a gonfiare il petto, a dire «ma noi siamo l’Italia», come se fosse una parolina magica. Nelle ore che precedono Italia-Svezia serpeggia in realtà un’irreprimibile sensazione di paura.

La paura di non farcela. Il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio dichiarò oltre due mesi fa che la mancata qualificazione al Mondiale sarebbe stata un’apocalisse. All’indomani della sconfitta di venerdì scorso a Solna per 1-0, nella gara di andata dello spareggio che vale il biglietto per Russia 2018, c’è chi ha parlato di una Caporetto imminente, giusto nel centenario di quella vera. Apocalisse, Caporetto. La fine del mondo, certo... Confronti iperbolici, ma non sarebbe comunque esagerato immaginare le conseguenze nefaste che la disfatta sportiva avrebbe sull’indotto economico che un Mondiale di calcio comporta. E sarebbe una sconfitta, non solo di immagine, per l’intero movimento del pallone nazionale, rispecchiandone persino troppo severamente il momento povero di eccellenze. Il calcio, come tutte le cose, ha i suoi cicli, l’Italia vive il suo inverno, con più buio che luce. In questo contesto il significato della sfida di questa sera va oltre il dentro o fuori (come nel 1958, azzurri non qualificati al Mondiale di Svezia, una nazione un oscuro presagio...), perché in ogni caso esprime un senso di disperazione, di ultima spiaggia. Perché tutti vediamo che questa Nazionale è debole, non ha idee e dal ko in Spagna risponde sul campo con un crescente smarrimento alle disposizioni del suo commissario tecnico, che non pare all’altezza dell’incarico, tra moduli non più azzeccati (centrocampo sempre in difficoltà) e un gioco (lento) che si incarta e non punge. In tutta questa confusione emerge una preoccupante mancanza di personalità di giocatori che nei loro club brillano ma come indossano l’azzurro si spengono (vedi Verratti, che stasera è squalificato e non ne sentiremo la mancanza). Auguriamo a Gian Piero Ventura di ribaltare la Svezia. Con tutto il cuore. Quello che vogliamo vedere in campo al Meazza. L’Italia salverebbe almeno la faccia. Ma non le prospettive, che resterebbero nebulose, a meno di un coraggioso (quanto improbabile) cambio in corsa di ct. Stasera potrebbero bastare le luci a San Siro, nelle notti d’estate ci vorrà ben altro: una mano che riaccenda le stelle. Se ne è rimasta qualcuna.

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