Gotti e la tappa bergamasca:
«Il Giro a casa è un sogno»

A due giorni dall'arrivo del Giro d'Italia a San Pellegrino l'Eco intervista Gotti, massima gloria sportiva del paese, vincitore del Giro nel 1997 e nel '99, oggi uno degli artefici del ritorno della corsa nel capoluogo brembano.

A due giorni dall'arrivo del Giro d'Italia a San Pellegrino l'Eco intervista Gotti, massima gloria sportiva del paese, vincitore del Giro nel 1997 e nel '99, oggi uno degli artefici del ritorno della corsa nel capoluogo brembano.

Gotti, che cosa ricorda dei Giri del passato a San Pellegrino? «Purtroppo, quasi nulla. L'ultima volta che il Giro ha fatto tappa nel mio paese era il 1977 e io avevo soltanto otto anni. E quando era arrivato negli anni precedenti, nell'epoca d'oro di San Pellegrino, non ero ancora nato. In compenso ne ho sentito parlare tanto: in famiglia e nei ritrovi sportivi. I miei primi approcci visivi col grande ciclismo sono legati a Gimondi: me lo ricordo quando, a carriera già conclusa, veniva a passeggiare a San Pellegrino con la moglie e le figlie. Io, in quegli anni, cominciavo a fare le mie prime esperienze con la bici da corsa».

In molte vetrine abbiamo visto gigantografie di Ivan Gotti: San Pellegrino non dimentica i suoi eroi...

«I miei concittadini mi vogliono bene, anche perché io sono sempre e stato e sempre sarò legatissimo alle mie origini, alle mie amicizie della prima ora, ai luoghi in cui sono cresciuto. Voi mi conoscete, di carattere sono un po' schivo, non amo mettermi in mostra. Però sarei bugiardo se negassi che le manifestazioni di questi giorni non mi lasciano indifferente. È spuntato un po' di tutto: foto, poster, trofei, coppe, ritagli di giornali, reperti custoditi nelle case dei miei tifosi che, all'epoca in cui correvo, avevano costituito un Fan Club che mi seguiva dappertutto. Non c'è soltanto roba relativa al Giro d'Italia, ma anche agli anni precedenti: ho visto in giro ritagli delle due vittorie nel Giro della Valle d'Aosta, oppure reperti di quand'ero ancora più piccolo: junior, allievo con la maglia dei diavoli rossi di Paladina. Ne sono davvero felice, quasi commosso».

Anche perché i suoi concittadini sanno che devono gratitudine a lei sei il Giro torna quassù, non è vero?

«Diciamo anche a me. Da quando ho cominciato a collaborare con la Promoeventi Sport del mio amico Giovanni Bettineschi, sia io sia lui abbiamo sempre covato il desiderio di riportare il più grande evento sportivo del nostro Paese in una località dove, in passato, era stato di casa. Non soltanto in occasione degli arrivi di tappa. Pensate che nel 1970 il Giro d'Italia era addirittura partito da San Pellegrino, un fatto straordinario che, per diversi giorni, aveva fatto diventare la nostra cittadina il centro del mondo: c'era Gimondi in maglia rosa, perché aveva vinto l'anno prima, c'era Merckx, c'erano Dancelli, Bitossi, Zilioli. Riportando qui la corsa, ho inteso dare alla mia gente qualcosa di cui andare orgogliosa: come quando correvo. Era un sogno, è diventato realtà».

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