«Vi racconto la mia verità»
Doni a L'Eco: «Ho sbagliato»

Per Cristiano Doni «la cosa più difficile è stata preparare mia figlia, spiegarle quello che era accaduto al papà». L'ex capitano dell'Atalanta parla di tutto: «Ho sbagliato, anche Atalanta-Pistoiese del 1999 fu concordata». Leggi le due pagine su L'Eco in edicola.

Per Cristiano Doni «la cosa più difficile è stata preparare mia figlia, spiegarle quello che era accaduto al papà». È l'intervista-confessione che Cristiano Doni ha concesso a «L'Eco di Bergamo», alla «Gazzetta dello Sport» e a «la Repubblica».

Il racconto dell'ex capitano nerazzurro parte dalla partita con la Pistoiese di 12 anni fa, ammette che anche il risultato di quella gara di Coppa Italia (1-1) fu concordato: «Sì è così, non posso continuare a dire diversamente e se qualcuno vorrà altre spiegazioni, sono pronto a darle».

Poi Atalanta-Piacenza dello scorso anno... «Sette giorni prima mi dissero che contro l'Ascoli avremmo vinto per un accordo. Va bene, faccio io, ma in campo mi accorsi che gli altri stavano giocando sul serio, capisco ora che il risultato è solo un dettaglio. Mi ripetono la stessa cosa per la gara con il Piacenza. Mentre giochiamo realizzo quasi subito che la combine questa volta era reale, tanto che Cassano mi dice dove calciare il rigore. Lui nega? Problemi suoi, andò proprio così».

Poi Doni aggiunge: «Sono stato un imbecille e non esiste nessuna giustificazione. La retrocessione mi aveva segnato, mi sentivo il primo responsabile, avrei fatto di tutto per ottenere la A e infatti ho detto di sì quando mi è stato detto che il Piacenza veniva a perdere... Ecco, non mi sono mai venduto una partita. C'è una differenza almeno in questo - chiede Doni - tra chi lo fa per soldi e chi per amore della propria squadra?».

«No, è vero, c'è da cambiare una mentalità sbagliata, se adesso c'è un'organizzazione criminale, come leggo, che riesce a penetrare con facilità nel nostro calcio, credo che il motivo parta da questa idea sbagliata di cosa è giusto e cosa è sbagliato».

Doni continua: «Dopo aver provato l'esperienza del carcere, mi vergogno di quando andavo e più spesso venivano a chiedermi di non impegnarci troppo perché a noi il risultato non serviva. Sono la persona meno indicata per fare la morale agli altri. Ho sbagliato, forse ho pagato anche oltre le mie colpe, ma è giusto così. Doni non era un angelo, ma nemmeno il diavolo. Però il calcio non può continuare in questo modo. Non è credibile».

Al ragazzo che vuole giocare a calcio direbbe «che deve giocare pulito, sempre e non dare retta a chi gli chiede di barare, anche fosse un compagno. Deve denunciare, far finta di nulla è grave quasi come alterare una partita, non è facile ma questa è la strada. Non prendete esempio da me, fate come Andrea Masiello, bisogna avere il coraggio di parlare e raccontare tutto il marcio nel calcio».

«Si può sbagliare, ma è ancora peggio non alzare la mano e ammetterlo. Io forse speravo di farla franca, ma più che altro pensavo che la mia era una cosa minima, credevo che tutto fosse ricondotto alle scommesse e a qualche accordo sotto banco. Mi sbagliavo, c'è molto di più, ecco perchè non riesco a darmi pace: dovevo capire la gravità delle mie azioni».

Doni racconta che in carcere stava sola e ripeteva «ma come hai fatto? Quanto sei stato stupido, continuavo a pensare all'enorme cazzata commessa». Doni pensa anche ai tifosi: «La Dea era tutto per me, capisco di averli delusi, traditi. Non chiedo perdono, ma che non siano cancellate tutte le cose buone che ho fatto».

Doni definisce «una bestemmia» la voce per cui avrebbe fatto retrocedere apposta l'Atalanta per favorire l'amico Percassi nell'acquisto della società e poi dice «le mie colpe sono relative solo a due episodi: Ascoli-Atalanta e Atalanta-Piacenza» e ancora «spero solo che gli altri calciatori vedano quello che mi è successo e capiscano. Non siano tanto imbecilli e facciano quello che ho in queste ore sta facendo Masiello, è stato molto coraggioso, diversamente da me ha avuto l'intelligenza di denunciare tutto per tempo».

Su Padova-Atalanta Doni che, per esigenze processuali, non ha risposto ad alcune domande, ha sottolineato di non saper nulla, mentre - quanto alla benemeranza civile del Comune - l'ex bandiera nerazzurra ha commentato: «Se me la vogliono togliere mi adeguerò. Ma credo di averla meritata con oltre 300 partite e 112 gol con l'Atalanta. Basta un errore che riconosco e per il quale sto pagando per perderla?».

Due i punti deboli scaturiti dall'intervista: nessuna risposta sui 6 mesi di bugie che hanno preceduto l'arresto e sui suoi rapporti, ancora esistenti, con i sodali del bagno di Cervia.

Leggi le due pagine con l'intervista di Pietro Serina su L'Eco di sabato 28 gennaio

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