Il saluto di Francesca Piccinini:
«Bergamo, sei nel mio cuore»

Francesca Piccinini lascia Bergamo e un oceano di rimpianti. È stata qui 13 anni, qui con la nostra Foppapedretti ha vinto tutto, l'abbiamo eletta nostro idolo, sportivo e no, la nostra ragazza calendario, l'abbiamo fatta cittadina benemerita.

Francesca Piccinini lascia Bergamo e un oceano di rimpianti. È stata qui 13 anni, qui con la nostra Foppapedretti ha vinto tutto, l'abbiamo eletta nostro idolo, sportivo e no, la nostra ragazza calendario, l'abbiamo fatta cittadina benemerita. In termini di affetto Bergamo le ha dato tutta se stessa. E lei ci ha restituito tutto e di più, regalandoci trionfi planetari e un amore sincero e disinteressato.

Francesca, ci consoli un po': condivide la nostra malinconia?
«Malinconia? Quando si è trattato di prendere la decisione mi è venuto il magone. E anche ora, a qualche giorno di distanza, dopo avere dato l'annuncio ed essere stata presentata qui a Torino, mi sento molto confusa. Lei sa che sono una donna diretta, abituata a esprimere quello che sento: non le sto raccontando balle. E poi non sono abituata a cose del genere: l'ultimo trasferimento è roba del secolo scorso. Mi serviranno alcuni giorni per metabolizzare la situazione. E non riuscirò mai a cancellare Bergamo dalla mia vita. Anzi, non lo vorrò, perché a voi mi legano soltanto ricordi bellissimi, i più esaltanti della mia vita d'atleta».

Era proprio inevitabile?
«Un anno fa, appena rinnovato il contratto fino al 2014, pensavo che avrei chiuso qui la mia carriera italiana. Se ricordate, venni da voi al giornale e ve lo dissi con la massima sincerità: non mi vedevo dentro un'altra maglia. Però, in un anno, la situazione è cambiata radicalmente. I problemi economici del team li conosciamo tutti ed è inutile che li stia a ripetere: a questo punto il mio contratto, anziché una risorsa, sarebbe diventato un problema. Avrei potuto farlo valere, ma troppo forte è l'amore per questi colori e per le persone che compongono questa società. Per permettere alla Foppa di vivere era necessario il mio sacrificio: mi sono fatta carico del mio ruolo e ho deciso di conseguenza. Con il cuore».

Non pensa che qualcuno dirà che l'ha fatto per soldi?
«È possibile. Anzi, qualche voce mi è già giunta all'orecchio: eccola lì la mercenaria. La verità è l'esatto contrario: io avevo ancora due anni di contratto e, se avessi guardato al tornaconto, l'avrei fatto valere. Invece mi sono fatta carica del problema proprio per un atto d'amore verso la società. Se fossi stata davvero una mercenaria, vi assicuro che, in passato, non mi sarebbero mancate le opportunità per andare a guadagnare molto di più da altre parti. Ma nelle mie scelte di vita ho sempre privilegiato altri valori: da nessun'altra parte avrei trovato un team, delle persone, un pubblico migliori. Lo dico a chiare lettere: Bergamo mi ha aiutato a crescere, grazie a voi sono maturata come donna e come campionessa».

Leggi le due pagine dedicate all'argomento su L'Eco di martedì 26 giugno

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