Ecco New York dopo Sandy
Cronistoria dalla Grande Mela

Domenica mattina niente maratona di New York, ma c'è stata comunque una corsa di 20 km a Central Park con il lutto al braccio. Cronistoria di una settimana movimentata. L'uragano Sandy e una metropoli che si sta rialzando.

Domenica mattina niente maratona di New York, ma c'è stata comunque una corsa di 20 km a Central Park con il lutto al braccio. Cronistoria di una settimana movimentata tra l'uragano Sandy e una metropoli che si sta rialzando.

Lunedì 29 ottobre
L'uragano Sandy si abbatte su New York, cancellati i voli dall'Italia di lunedì e martedì. Io ho il volo martedì, corro in agenzia, c'è un'alternativa per mercoledì, non un diretto Milano-Newark, ma un triplice Linate-Francoforte, Francoforte-Atlanta e Atlanta-Newark. Quasi 24 ore in totale di viaggio contro 10, ma siamo in 6 a viaggiare, è già un miracolo aver scovato una soluzione d'emergenza. Blocco il volo, ma non confermo in attesa dell'evoluzione della situazione.

Martedì 30 ottobre
La furia dell'uragano Sandy si placa. Devastazione, morti e città in ginocchio. Situazione molto grave, ma il trasporto aereo dovrebbe essere ripristinato mercoledì e da New York arriva la notizia che la maratona è confermata. Sarà la dimostrazione di come la città reagisce immediatamente alle avversità, si dice. Confermo il volo, anche se l'appartamento che ho prenotato a North Bergen, cittadina in New Jersey, a 30 minuti di pullman dal cuore di Manhattan, è senza elettricità e di conseguenza senza riscaldamento. Speriamo bene...

Mercoledì 31 ottobre
Non da subito, ma riprende l'operatività di due dei tre aeroporti di New York, il Kennedy e Newark, ancora fermo il La Guardia. Qualche compagnia tiene anche mercoledì i suoi aerei a terra per sicurezza, atterriamo regolarmente a Newark alle 22. Henry, il proprietario dell'appartamento di origine cubana, è lì ad attenderci. Viaggiamo con lui verso casa con un suv, ci dice che per stanotte dormiremo in un appartamento diverso perché quello scelto non ha ancora energia elettrica. In lontananza si vede lo skyline di Manhattan, luci e ombre si mescolano. Medesima situazione a North Bergen, in pratica un sobborgo sudamericano di New York. A sinistra c'è illuminazione, a destra buio pesto o viceversa. Siamo appena arrivati nell'appartamento di riserva quando Ruth, la moglie di Henry, ci avvisa che nella casa prenotata è tutto ok, c'è di nuovo la luce. Dormiremo lì.

Giovedì 1° novembre
Sei chilometri di allenamento nei pressi di casa, tanto basta per vedere lunghe code di auto ai distributori e molta gente con i bidoni in mano perché è rimasta a piedi. In un distributore il carburante si esaurisce e deve intervenire la polizia per monitorare una situazione che sta diventando incandescente. Il treno per New York non funziona, dopo un'ora di attesa per il pullman che non arriva, ecco la salvezza: uno scassato van con al volante un sudamericano. Ritiriamo il pettorale in un Jacob Javits Convention Center mezzo vuoto. Ci dicono che non c'è più il trasferimento alla partenza di Staten Island in traghetto, saranno impiegati pullman. A Manhattan la metropolitana è gratis fino a venerdì, ma non funziona nemmeno nel cuore della metropoli. File per i pullman. In serata la Cbs New York mostra immagini desolanti, soprattutto dei sobborghi. La furia di Sandy è stata implacabile: morte e distruzione.

Venerdì 2 novembre
Henry è con il suv in riserva, non c'è ancora carburante. Sembra che la metropolitana funzioni, invece no. Dopo una fermata si deve scendere. C'è un servizio sostitutivo di shuttle, ma decidiamo di camminare verso l'area sud di Manhattan. Ma è sufficiente arrivare a Chelsea per avere un'idea di quale sia stata la forza dell'uragano. Non c'è luce, semafori spenti con la polizia a presidiare ogni incrocio, una casa alla quale è stato letteralmente strappato il muro esterno, negozi sbarrati con i vetri rotti, non c'è in giro quasi nessuno. Atmosfera spettrale. Si rientra verso Central Park, la gru penzolante dal grattacielo in costruzione sulla 57.a strada è ancora lì e le vie limitrofe sono impraticabili per sicurezza. Un giro al Central Park? Impossibile. Un poliziotto blocca l'accesso: alberi pericolanti.
Al MoMA l'sms che mi informa: maratona annullata. L'ha comunicato il sindaco Bloomberg. Ore dopo l'email del comitato organizzatore con la notizia ufficiale. Decisione giustissima ma con tre giorni di ritardo. Sono smarrito e rassegnato.

Sabato 3 novembre
La situazione sta rientrando lentamente nella normalità, almeno a Manhattan. Non abbiamo nessun problema con la metropolitana, si può finalmente passeggiare o correre a Central Park. Esaurita anche l'emergenza carburante.

Domenica 4 novembre
Doveva essere il giorno della maratona. Così non è, ma i numerosi gruppi di partecipanti internazionali, tra cui Terramia, leader italiano, decidono di radunarsi di mattina a Central Park per correre 20 km all'interno del parco. Tutti con una fascia nera al braccio in segno di lutto. Migliaia di runners si danno quindi appuntamento a Colombus Circle. Freddo lievemente pungente e sole splendente. Partenza in ordine sparso e con chilometraggio a scelta. È un fiume multicolore e multietnico che percorre con allegria e un bricolo di fatica i massacranti saliscendi di Central Park. Incredibile: c'è anche un pubblico entusiasta con rifornimenti d'acqua improvvisati che applaude alla simbolica impresa. Siamo quasi in clima maratona.
Non è da brividi come correre sul Verrazzano bridge, ma perlomeno l'amarezza per la maratona saltata è volata via. La scritta sul retro della mia maglietta («Speriamo meglio dell'anno scorso», in inglese, pensando al 6h41' e rotti del 2011 per l'infiammazione polmonare) suscita naturalmente l'ilarità generale. Confidiamo nel 2013...

Marco Sanfilippo

© RIPRODUZIONE RISERVATA