«A Cadè devo molto della mia carriera»
Il ricordo di Antonio Percassi ai funerali

«A Gian Carlo Cadè devo la fase più importante della mia carriera da calciatore. Fu lui, infatti, a lanciarmi giovanissimo in prima squadra, nell'Atalanta, e proprio in quella annata disputai il mio miglior campionato». Sono parole del presidente Antonio Percassi.

«A Gian Carlo Cadè devo la fase più importante della mia carriera da calciatore. Fu lui, infatti, a lanciarmi giovanissimo in prima squadra, nell'Atalanta, e proprio in quella annata disputai il mio miglior campionato. Ma al di là dell'aspetto sportivo, lo ricordo come una persona esemplare sotto l'aspetto umano e dotato di una signorilità ed educazione d'altri tempi. Era solito non separare mai il ruolo di allenatore con quello paterno, prodigo di consigli e suggerimenti di ogni genere. Per me rimarrà indimenticabile».

Sono parole del presidente atalantino Antonio Percassi, intervenuto al funerale di Gian Carlo Cadè, deceduto a 83 anni lunedì scorso. Con Percassi, a rappresentare il club nerazzurro c'era anche il direttore operativo Roberto Spagnolo. Presenti altri personaggi del mondo del calcio, l'ex direttore sportivo dell' Atalanta Mascetti e l'ex difensore nerazzurro Savoia, entrambi suoi giocatori nelle file dell'Hellas Verona. Non sono, poi, mancati, sotto l'altare, i labari dell'Atalanta, del Bologna e del Verona, tutte società che lo hanno avuto in panchina.

Adagiate sulla bara, inoltre, le sciarpe dell'Associazione dei supporter dell'Ancona e del Centro di coordinamento del Club Amici dell'Atalanta con una consistente rappresentanza. In questi giorni ai familiari di Cadè sono pervenute parecchie testimonianze di affetto e di cordoglio non solo da parte di coloro legati all'ambiente dello sport.

Affollata la chiesa parrocchiale di Zanica (il paese di origine e sua abituale residenza) dove si è svolto il rito religioso. A celebrare la Messa è stato il padre comboniano Pier Luigi Cadè, fratello del defunto, il quale nell'omelia si è soffermato sulla Resurrezione di Gesù Cristo coniugandola, sotto alcuni aspetti, con il «distacco temporaneo» dai propri congiunti, amici e conoscenti di chi li precede su questa terra.

Arturo Zambaldo

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