Atalanta, Turani guida indimenticabile
e la storica vittoria della Coppa Italia

Daniele Turani fu presidente della società nerazzurra per un ventennio a partire dal 1945. Sotto la sua guida la storica vittoria della Coppa Italia della stagione ’62/63.

Giugno ci ricorda la nomina a presidente dell’Atalanta del senatore Daniele Turani. Era il 1945 e alla guida del club nerazzurro vi rimase sino alla primavera del 1964 quando morì a seguito di una brutta malattia. Quasi vent’anni in cui toccò con mano la felicità per la storica conquista della Coppa Italia, mai più vinta anche se più volte onorata dai nerazzurri.

Ma sarebbe molto riduttivo circoscrivere la gestione Turani al pur prestigioso trofeo che luccica gelosemente custodito nella bacheca della sede di Zingonia. Con Turani al timone del comando, giunsero all’Atalanta stranieri di alta classe come lo svedese Jepson e i centrocampisti danesi Sorensen e Hansen, tanto per citarne tre memorabili.

E non è tutto, visto che vennero lanciati parecchi giovani (citiamo Bernasconi, Rota, Corsini, i fratelli Cadè) provenienti dal già allora prolifico vivaio. Non si può dimenticare nemmeno l’oculato equilibrio finanziario, figlio di scelte sensate e alle raffinate competenze dei dirigenti (in primis l’ingegner Luigi Tentorio, ex atalantino degli anni trenta.Tornando alla Coppa Italia vale la pena riproporre un aneddoto che l’ultimo figlio di Turani, Angelo (ancor oggi super tifoso della Dea) ama rievocare che all’indomani del trionfo di Milano capitan Gardoni accompagnato dal segretario Marino Leidi portarono a casa del presidente la Coppa. Angelo, ancora bambino era in giardino a giocare quando papà gli disse di rientrare velocemente e lui si precipitò in casa giusto in tempo per vedere il babbo abbracciato ai due dirigenti che sprigionavano felicità da tutti i pori: «Mio padre alternava una gioia sfrenata all'immenso dispiacere di non poter essere stato presente in tribuna d’onore a San Siro per inderogabili impegni istituzionali nel suo ruolo di senatore chiedendo più volte scusa a capitan Gardoni».

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