Bergamo Bassa e le antiche Muraine
Tutta la storia della torre del Galgario

In questi giorni si è parlato del progetto di recupero dell’ex caserma Montelungo e, passando da quelle parti, lo sguardo è caduto su un altro edificio simbolo – molto più antico – della nostra città: la torre del Galgario, che faceva parte della mura di città bassa e si trova proprio a ridosso della Montelungo. Vi raccontiamo la sua storia.

Questa fotografia, pubblicata su Storylab, ci mostra la torre nel 1908. L’aspetto del fortilizio appare più malconcio di oggi: parzialmente ricoperta dalla vegetazione, con più di una crepa, la torre veniva utilizzata addirittura come «basamento» per quelli che sembrano essere tralicci. Due dettagli interessanti: sul lato destro della foto si vede il ponticello della roggia Serio piccolo (costruita nel ’200), che attraversava la parte bassa dei borghi, sul lato sinistro invece si nota un frammento delle mura collegate alla torre.

Prima del declino la torre del Galgario era una delle torri chiave delle Muraine di Bergamo Bassa, collocata evidentemente in una posizione strategica, e che oggi è punto di separazione di cinque vie: Frizzoni, Galgario, Suardi, Pitentino e Battisti. La cintura difensiva era presidiata da 31 torri quadrate, due torri rotonde (Galgario e Cavettone a nord del Lapacano), 6 porte fortificate per l’accesso alla città: Broseta, Osio, Colognola, Cologno, Torre del Raso e Sant’Antonio, a cui si aggiunsero il portello delle Grazie in seguito alla costruzione dei Propilei (Porta Nuova) e il portello di Zambonate. Più avanti le Muraine divennero delle barriere daziarie, fino al loro completo smantellamento nel 1901.

Oggi l’unica testimonianza superstite – quantomeno la più corposa – è costituita proprio dalla torre del Galgario, su cui ogni giorno si posano gli occhi dei passanti e degli automobilisti. La torre cilindrica – di cui recentemente abbiamo potuto esplorare l’interno – ha una base tronco conica, un diametro di soli sei passi che pare stringersi man mano che sale verso l’alto. I blocchi di arenaria, grossi a terra, sono di minore dimensione verso la cima. Ed è proprio da queste pietre che spuntano barre di ferro, sistemate alla meglio con qualche colpo di calce o malta, forse il sostegno di qualche torcia o lampada a olio. Non vi sono iscrizioni o frammenti incisi. Rivolgendo lo sguardo verso l’alto si nota il soffitto del pavimento superiore che reca alcune botole alle estremità. Si tratta di aperture ampie forse progettate per garantire maggiore difesa. Infatti, stando sul piano superiore, gli assalitori al piano terra sarebbero stati agevolmente respinti gettando ad esempio olio bollente, sassi o quant’altro.

Sedici pioli di ferro ben fissati alla parete costituiscono la scala per nulla agevole che conduce al piano alto. Qui si notano diverse feritoie, da dove forse venivano scagliati i dardi delle balestre, alcune coperte da minuscole grate, altre definitivamente chiuse. La copertura originale è stata cambiata con mattoni, probabilmente nei primi decenni del XX secolo, così come è stata rifatta la merlatura esterna. Su una lastra di marmo bianco, collocata dal Comune nel 1950, è segnata la pianta delle Mura, grazie alla ricostruzione dell’architetto Angelini.

Le Muraine, di epoca presumibilmente medioevale, subirono un totale cambiamento nel XV secolo (1430-1438) ad opera della Repubblica di Venezia. Oggi tracce, sia pure ridotte in altezza si notano vicino al giardino del monumento a Gaetano Donizetti, in via Previtali, in vicolo Lapacano, in via Camozzi, all’incrocio con contrada Tre Passi. Altri frammenti si scorgono in via Palma il Vecchio e dietro l’Accademia Carrara verso il colle di Sant’Agostino.

Le Muraine non furono però mai ritenute un valido baluardo di difesa, a causa della minore altezza: circa sei metri. Anche per questo vennero abbattute. E i primi a gioire furono i bergamaschi che vedevano nella cinta muraria - dove pure vi erano gli edifici del dazio - il simbolo delle dannate gabelle.

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