Blitz anti Isis a Vaprio, parla il ministro
«Il pakistano era pronto al martirio»

Il caso del giovane magazziniere pakistano espulso dopo il blitz dei carabinieri del Ros a Vaprio d’Adda, comune milanese al confine con la Bassa Bergamasca. Nota del ministro Alfano: «Soggetto radicalizzato e molto attivo su internet, in piena linea con lo schema di violenza diffuso da Isis via web».

«Ho firmato l’espulsione di un pakistano, ritenuto pericoloso per motivi di sicurezza dello Stato. Un’importante operazione antiterrorismo, condotta egregiamente dai Ros e dal Comando provinciale dei carabinieri di Milano, supportati dalla magistratura, ha consentito, infatti, l’individuazione di questo soggetto di ventisei anni, residente a Milano, rintracciato a seguito di una complessa attività di indagine che ha rilevato un processo di radicalizzazione di tipo jihadista già in atto». Lo sottolinea in una nota il ministro dell’Interno Angelino Alfano rilevando che l’uomo «era pronto al martirio».

«Il pakistano - prosegue Alfano - aveva più volte affermato la sua appartenenza ideologica a Isis, elogiando gli efferati gesti compiuti dai terroristi jihadisti, e il suo comportamento era stato ritenuto particolarmente pericoloso perché, oltre a rispondere a un profilo di radicalizzato, tratteggiava una persona molto attiva su internet, in piena linea con lo schema di violenza diffuso da Isis via web».

Il pakistano espulso, inoltre, spiega Alfano nel suo comunicato, era «impegnato nel proselitismo nei confronti persino di sua moglie, convinto, in modo esaltato, di volere raggiungere i principali teatri del conflitto per offrire il proprio contributo come combattente, pronto a un atto di martirio in nome della jihad». In quest’ottica, prosegue il ministro, «rientra anche la sua esaltazione per gli attentati terroristici di Parigi, considerati la giusta e inevitabile risposta agli attacchi militari dei francesi e della coalizione anti-Isis nell’area siro-irachena e, infine, la sua dichiarata conoscenza del modo per reperire i materiali necessari alla costruzione di ordigni esplosivi».

Strategica, per il raggiungimento del risultato, è stata «la collaborazione della Procura di Milano con le autorità giudiziarie estere, che hanno contribuito a tracciare i percorsi virtuali che il pachistano seguiva nei social network, compresi i contatti virtuali con altre persone radicalizzate, alcune della quali raggiunte successivamente da provvedimenti cautelari per fatti di terrorismo e dunque espulse dal nostro Paese». «Il nostro lavoro parte dal presupposto che la prevenzione riveste una grande importanza nel contrasto al terrorismo. Proseguiamo, quindi, su questa strada spesso nell’ombra perché non sapremo mai, per esempio, se, tra gli espulsi finora, si nascondeva un potenziale terrorista a un passo dalla sua azione. Tutto questo, come non mi stanco mai di ripetere, nella consapevolezza che nessun Paese, oggi, può dirsi a rischio zero», conclude Alfano.

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