Disegniamo Santa Lucia in una scuola
I grandi hanno bisogno di sognare

In una scuola del centro di Bergamo, nel cortile d’asfalto e di biciclette colorate, le mamme ci hanno pensato qualche giorno e poi si sono messe d’impegno a disegnare il posteggio riservato a Santa Lucia e all’asinello. Linee bianche e un cartello blu con la sagoma di quella donna che ogni anno compie la sua magia.

Ieri lì c’è stata una processione di bambini, berretti ben pigiati sulla fronte e cartelle mastodontiche. In fila con mamma e papà a vedere un altro segno tangibile di quella santa che porterà a scuola biglietti per il teatro, riviste scientifiche e caramelle. Segni concreti che noi adulti mostriamo a questi occhi spalancati su una Bergamo addolcita dai desideri. Un mese dopo, esattamente un mese dopo una notte parigina che ci ha reso increduli di fronte alla continua incertezza verso un mondo che non è quello che vedono i nostri bambini. Loro pensano alla polvere magica che Santa Lucia spargerà domani sera nel cielo, a come potrà entrare in casa se la porta è chiusa a chiave, alla fatica che farà l’asinello, al freddo e con tutti quei regali da distribuire in giro per la città.

Noi invece torniamo col cuore al 13 novembre, una notte così lontana da questa che è fatta di letterine e disegni custoditi nella chiesa di via XX Settembre, di sospiri lunghi e silenziosi, in attesa di quello scampanellio che scaccia le paure. Ed è forse per questo che siamo qui, anche quest’anno, a preparare biscotti e carote, ad accendere una candela, affinché la strada sia più semplice da percorrere verso il cuore di questi ragazzini increduli. Affascinati, estasiati. Noi con loro, forse quest’anno anche più di loro. Perché questa magia fa bene agli animi e ci conforta, ci sostiene in giorni in cui non bisogna avere paura.

Giorni di speranza in cui tutto può e deve essere possibile. Un asino che vola tra le stelle, doni sotto l’albero, sogni che si esaudiscono. Un mese dopo è questo quello che ci stiamo costruendo, attraverso tradizioni antiche, una capanna bellissima sul Sentierone, perché sempre uguale a se stessa, uno zuccherino colorato che profuma di fragola, un lungo corteo di famiglie in centro città che aspettano di consegnare i desideri di un anno intero.

Una fortuna la nostra, un privilegio per Bergamo che può farsi cullare da questa notte di poesia. Serve anche a noi, adulti spesso arrabbiati, stanchi, a volte così preoccupati. Serve anche a noi una serata di pausa in cui ci è permesso di sognare, semplicemente. Perché tornare bambini è straordinario, è un senso di leggerezza, un modo per ricalibrare le priorità, per farsi una risata e alleviare le sofferenze. Una notte soltanto, per scansare i timori, per giocare con i pensieri e desiderare che siano possibili.

Sull’asfalto di quel cortile i bambini giocano ad acchiapparella e ogni tanto si girano a guardare quella sagoma di santa ragazzina disegnata accanto a un orto gelato dove un giorno spunteranno i pomodori tanto sospirati. «Dopo casa, passa anche a scuola. Che notte faticosa, ma felice» dice un ragazzino e la scarpa slacciata saltella sulla striscia di gesso del parcheggio magico.

Strisce di un disegno che ci raccontano quanto noi grandi stanotte più che mai vogliamo tornar bambini, vogliamo ritornare a pensare come loro. Ce lo insegnano queste ore di attesa: se la storia del 13 novembre è oramai disegnata da paura e rancore, i piccoli gesti di questa lunga serata bergamasca sono necessari per darci la speranza. Basta un biscotto da appoggiare sullo zerbino, una letterina scritta e riscritta, un parcheggio fatto da mamme volenterose. Basta per raccontare un pezzo di mondo: quello che è e quello che vogliamo che sia. Intelligenza e bellezza danno nuova speranza. Le idee, di bambini che sono veri, concreti, incredibilmente entusiasti. E poi ci sono i grandi che assaporano questa notte di silenzio. «Bellezza è verità, verità bellezza - ha scritto John Keats -. Questo sulla Terra sapete ed è quanto basta». Per sperare.

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