Doveva tornare dall’Argentina il 25 marzo
Un 24enne di Osio Sopra ancora bloccato

«Dovevo rientrare in Italia dall’Argentina il 26 marzo ma proprio in quei giorni hanno annullato tutti i voli e sono rimasto bloccato senza informazioni».

Roberto Caglioni ha 24 anni, abita a Osio Sopra e lavora come programmatore per la F. M. Automazione srl di Treviolo. Il primo marzo è andato in Argentina per un lavoro commissionato dalla sua azienda e ora, per le misure restrittive dovute all’aumento dei casi di coronavirus (ieri i casi ufficiali nel Paese erano 1.715 con 63 decessi), si trova bloccato a Buenos Aires.

«Al mio arrivo all’aeroporto di Buenos Aires l’1 marzo - racconta - non ho avuto alcun tipo di problema e il giorno successivo sono andato a Campana, città che dista circa 80 chilometri dalla capitale, rimanendo lì a lavorare fino al 25 marzo. Avevo già il biglietto per rientrare in Italia - continua Roberto -, ma quel giorno avevano già cancellato i voli di Alitalia così ho trovato un altro volo con la compagnia aerea Ethiopian Airlines e il giorno successivo, il 26, mi sono presentato all’aeroporto di Buenos Aires convinto di poter partire, ma purtroppo avevano cancellato tutti i voli a causa le misure sempre più restrittive dovute all’aumento di contagi dovuti al Covid-19 e non mi hanno fatto entrare in aeroporto. Da quel giorno soggiorno al Regente Palace Hotel di Buenos Aires».

Immediatamente allora Roberto si è messo in contatto con la Farnesina. «Mi hanno detto che dovevo sentire il Consolato e così io e un altro ragazzo italiano abbiamo contattato loro: sempre il 26 marzo ci hanno fatto compilare un modulo online sul sito degli Affari Esteri con i nostri dati e altre informazioni e dopo qualche giorno ci hanno risposto, dicendo che sarebbe stata una questione di poco tempo, quindi noi eravamo fiduciosi. Invece purtroppo siamo tuttora in attesa di informazioni».

Il Consolato dista circa 300 metri dall’hotel dove soggiorna Roberto e così nei giorni successivi, insieme ad un connazionale, ci è andato di persona. «Ci hanno mandato via, dicendo che non potevamo stare lì e che purtroppo non potevano darci informazioni». Da quel momento è bloccato nell’hotel di Buenos Aires. Insieme a lui nello stesso hotel ci sono una trentina di italiani, tutti nella stessa situazione. «Io e un altro ragazzo che siamo venuti qui per lavoro siamo spesati dalle nostre ditte - precisa Roberto -, ma ci sono famiglie con bambini che non possono sostenere le spese dell’albergo per più di 2 o 3 settimane. E poi ci sono anche persone anziane, una delle quali ha anche problemi di salute. In questi giorni poi abbiamo anche visto altri europei rientrare nel loro Paese con l’aiuto dei rispettivi consolati, mentre noi ci sentiamo completamente lasciati soli. Per questo chiediamo di poter avere il prima possibile informazioni sulle tempistiche del nostro rientro».

Inoltre quando Roberto era partito la situazione nella bergamasca non era ancora drammatica: «Nell’ultimo mese ho letto e sentito le tristissime notizie su Bergamo e il mio pensiero va sempre alla mia famiglia e tutti i miei cari. Riesco a sentirli ma non è la stessa cosa di poter essere lì vicino a loro, soprattutto in questo momento così difficile. Sono preoccupato sia per la mia famiglia a Bergamo sia per me qui e il rischio del contagio». «Tutti noi - conclude il giovane - speriamo che qualcuno delle istituzioni si faccia vivo il prima possibile, almeno per capire quando potremo rientrare in Italia e per non sentirci più così abbandonati».

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