Falsa partenza per il commercio
160 chiusure in due mesi - Infografica

È una semplice operazione matematica: aperture meno chiusure in un determinato periodo di tempo. Il risultato, per il commercio bergamasco, è un segno «meno» costante anche se non così drammatico rispetto all’ecatombe di altre province.

Il primo bilancio del 2016 elaborato dal Confesercenti fotografa la realtà di una Bergamasca che sta cercando di affrontare cambiamenti epocali. Le liberalizzazioni, ma non solo. L’e-commerce, la drastica riduzione degli oneri comunali che ha spinto alla costruzione di centri commerciali e, inutile dirlo, la crisi economica. Nel primo bimestre del 2016 però il commercio orobico sembra dare segnali di resistenza. Al rumore delle saracinesche che si abbassano fa da controcanto l’entusiasmo, ancora prudente, di chi crede nel futuro di questo settore. Ecco allora in provincia di Bergamo 44 nuove imprese del commercio al dettaglio, 2 ortofrutta, 20 ambulanti, 28 bar, 11 abbigliamento e calzature.

Si torna a crescere quindi? No. Questi numeri infatti sono ancora inferiori a chi decide di dire addio al proprio sogno imprenditoriale. Il saldo tra iscrizioni e cessazioni è sempre negativo: -116 negozi, -36 bar, -75 tra alloggi e somministrazione, -28 negozi di abbigliamento e calzature, -10 ortofrutta.

Chi cerca di interpretare i dati con l’obiettivo di decifrare il futuro di queste professioni però parla di segnali di speranza. «Dopo la crisi che si è abbattuta sul settore negli anni appena trascorsi, possiamo dire che il commercio comincia a manifestare segnali di stabilità – spiega Filippo Caselli, Confesercenti –. I dati tendenziali relativi alla natalità e alla mortalità delle imprese sembrano indicare una perdurante difficoltà del settore, certamente, ma anche un rallentamento dell’emorragia di imprese. I numeri riflettono in parte il ritorno in positivo di consumi e vendite».

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