Gabriele, il piccolo guerriero
nato in piena pandemia

Alla nascita, ad aprile, pesava 900 grammi. Dopo 130 giorni nella patologia neonatale di Seriate. ora Natale a casa. La mamma: «Felicità e gratitudine».

Gabriele è ancora piccolo ma ha già imparato che un sorriso dissolve la paura, scalda il cuore, riaccende la speranza: ed è così che accoglie tutti, con i suoi occhi azzurri pieni di allegria e di sogni. La sua nascita è stata un segno di luce nell’anno buio della pandemia.

Quando è nato, ad aprile, pesava 900 grammi: è rimasto per 130 giorni nella patologia neonatale dell’Ospedale di Seriate, ha rischiato la vita più volte a causa di gravi infezioni. Ora però la sua presenza riempie di gioia la vita dei suoi genitori Marilena Martinelli e Daniele Pendeggia, e di tutta la sua famiglia.

Marilena e Daniele si sono sposati nell’estate del 2019. Hanno scoperto la gravidanza al ritorno da un breve viaggio a Roma. Marilena, responsabile delle soluzioni applicative in un’azienda di Capriate, ha continuato a lavorare normalmente: «Mi sentivo bene, non avevo notato particolari anomalie, salvo una perdita negli ultimi giorni di lavoro prima del lockdown. Non credevo che fosse nulla di grave: avevo avvisato la ginecologa senza però mettermi troppo in allarme. Alla prima visita di controllo, però, la dottoressa ha notato dall’ecografia che c’era meno liquido amniotico di quanto fosse lecito aspettarsi e mi ha mandato in ospedale. Solo dopo la nascita di Gabriele sono riusciti a risalire alla causa: un’infezione virale. Mi hanno ricoverato per qualche giorno e mi hanno spiegato che essendo soltanto alla ventiduesima settimana di gravidanza se il bimbo fosse nato in quel momento non l’avrebbero neppure rianimato».

Un colpo terribile per Marilena e Daniele, che da quel momento si sono impegnati al massimo per guadagnare tempo: «Non potevamo rassegnarci a perdere il nostro bambino, abbiamo fatto di tutto perché non accadesse. Ci hanno indirizzato in un centro specializzato a Monza dove era possibile sottoporsi a un trattamento per reintegrare almeno una parte del liquido che avevo perso».

Intanto, il coronavirus ha scompigliato le carte e ha rivoluzionato le vite di tutti: «Eravamo chiusi in casa, da soli, alle prese con le nostre paure». Pochi giorni dopo si sono presentati nuovi sintomi, così gravi da costringerli a tornare in ospedale: «Mi hanno ricoverato di nuovo, e ho trascorso la Pasqua da sola in ospedale».

È stata una lotta per Marilena cercare di guadagnare tempo per il suo bimbo, alternando i ricoveri a qualche giorno di riposo a casa: «Un giorno ho sentito qualcosa di strano, e per fortuna è capitato proprio in coincidenza con il controllo già programmato per la ventisettesima settimana: Gabriele aveva messo fuori un braccino». Dopo un cesareo d’urgenza, Marilena ha potuto finalmente vedere il suo piccolo combattente, ma per un mese e mezzo non ha più potuto toccarlo, perché il rischio di infezione era troppo alto. «L’ho preso in braccio per la prima volta l’8 luglio». Nonostante le precauzioni, il piccolo ha dovuto affrontare 5 infezioni e 5 trasfusioni, attraversando giornate difficilissime.

Proprio in una di queste, nel mese di giugno, quando i medici disperavano di salvarlo, il papà ha potuto vederlo per la prima volta: «Mi hanno permesso di salutarlo perché non sapevano se ce l’avrebbe fatta. Sulla sua cartella clinica un’infermiera ha messo una foto di Papa Giovanni, invocando la sua protezione. Per me è stato un segno di speranza» perché anche lui, quando era ancora un ragazzino, ha rischiato la vita e allo stesso modo è stato affidato alla protezione del Papa Buono.

Nel mese di agosto l’ultimo allarme, proprio quando pensavano che fosse fuori pericolo: «Anche questa volta, però, la crisi è passata, e finalmente a settembre è arrivato il momento di tornare a casa tutti insieme». Da allora ci sono stati il primo abbraccio dei nonni, un pellegrinaggio a Sotto il Monte, per lasciare un segno di gratitudine, l’incontro con il vescovo Francesco. Gabriele sta bene, è cresciuto, conserverà il ricordo di questo inizio turbolento, ma non ne porterà alcun segno, anche se i suoi primi anni saranno accompagnati da attenti controlli medici.

Ora la loro casa di Campagnola, in città, è vestita a festa, con il presepe e un albero nuovo di zecca: «C’è la pandemia - conclude Marilena -, continuiamo ad avere paura, e sappiamo che non sarà la solita festa. Dobbiamo restare lontani anche dai nostri parenti, ma dopo tutto quello che ci è successo poter trascorrere questi momenti insieme ci riempie il cuore di felicità e di gratitudine».

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