Studente bergamasco della Sorbona:
due sere prima ero in quel ristorante

«Ci è corsa incontro sul metrò, era coperta di sangue e urlava: sono dappertutto, hanno sparato, ci sono decine di morti». Eravate anche voi a Parigi? Scrivete la vostra testimonianza a [email protected]

Sono già partiti - stamattina, sabato 14 novembre - dall’albergo che li ospitava a Parigi i ragazzi della classe del Lussana che si trovano nella capitale francese per una gita scolastica. «I voli non sono stati sospesi, - spiega la professoressa Annalisa Cagnoli Cassader -, il nostro partirà stasera alle 21,30. Ma verso le undici ci hanno fatto lasciare l’albergo per andare verso l’aeroporto. Ci sono moltissimi controlli, ci vorranno ore per arrivare a destinazione. La zona dell’Ile-de-France è completamente blindata, è stato chiesto alle persone di non lasciare le proprie abitazioni perché quegli uomini sono ancora per strada».

La drammatica testimonianza è della professoressa Annalisa Cagnoli Cassader che proprio in questi giorni si trova in gita a Parigi con il collega Giovanni Rota Sperti e una ventina di studenti della 5^ B del liceo scientifico Lussana. Il panico vissuto nelle strade di Parigi ha investito i ragazzi bergamaschi che solo per pochi minuti sono scampati alla sparatoria all’esterno di un ristorante tra Rue de Charonne e Boulevard Voltaire.

La 5ª B del Lussana era infatti a cena in un altro locale in piazza della Bastille poco distante dal luogo dell’attacco con i Kalashnikov. «Dopo la cena con i ragazzi - racconta l’insegnante -siamo scesi in metropolitana. Pochi minuti dopo, un assalitore ha sparato da un’auto diverse raffiche contro i tavolini all’esterno di un ristorante vicino a noi». Una volta saliti sulla linea 5, alla fermata successiva Richard-Lenoir, nel metrò è entrata la ragazza francese disperata: «Era coperta da schizzi di sangue di persone colpite dagli attentatori - racconta con un filo di voce la professoressa - nella sala concerti Bataclan. Lei, sui 25 anni, non era ferita, ma piangeva e aveva l’orrore negli occhi».

«Poi è arrivata una seconda donna - aggiunge lo studente Tommaso Aresi -. Era italiana, anche lei sui 25 anni. Ha detto che sparavano ovunque e che aveva sentito il rumore delle esplosioni. Allora ci siamo resi conto che era successo qualcosa di grave e siamo andati subito in albergo nel nono arrondissement».

I ragazzi si sono asserragliati nelle camere, gli albergatori hanno infatti vietato a tutti di uscire: «Abbiamo acceso la televisione e lì abbiamo cominciato a renderci conto di quello che stava succedendo - dice Aresi -. Già in metrò qualche messaggio era arrivato dagli altoparlanti. Noi stiamo bene. È una cosa che non potevamo immaginare, terribile». Oggi è previsto il rientro degli studenti a Bergamo con un volo Ryanair, ma bisognerà aspettare per capire se gli aeroporti saranno operativi.

A Parigi c’è anche la bergamasca Gloria Gotti che lavora nel mondo della moda. Risponde al telefono trafelata. Attimi di angoscia e terrore per una serata di festa che si è trasformata in tragedia: «Stavo raggiungendo Boulevard Voltaire quando ho ricevuto la telefonata di un amico. Mi ha detto di tornare subito a casa, di correre veloce e di non uscire. Poi ho capito cosa stava succedendo» racconta la bergamasca. Dalla tv, la radio e i social media è un continuo rincorrere le notizie, nella preoccupazione di sapere se tutti gli amici stanno bene: «Nella zona dove c’è stato uno degli attentati è quella dei giovani, dei ragazzi che la sera si ritrovano a bere qualche drink: stavo andando anche io lì per incontrare degli amici. E alcuni di loro ora non sono rintracciabili. C’è paura, ma soprattutto angoscia, disperazione».

Ecco altre testimonianze che ci stanno arrivando

«Siamo una coppia di ragazzi della provincia di Bergamo della Val Cavallina, siamo qui perché stasera avremmo dovuto vedere il concerto degli U2, ieri sera dopo aver cenato in un Bistró ci stavamo recando in hotel in quanto stanchi dopo una bella giornata trascorsa per la città, all’ingresso della metro abbiamo notato un uomo per terra sdraiato pensando a un clochard mentre in realtà stava cercando di scappare dalla strage, nello stesso momento vediamo a distanza di 200 metri lampeggianti e macchine della polizia a tutta velocità, a quel punto abbiamo capito che qualcosa non andava, solo al rientro nell’hotel abbiamo acceso la tv e ricevuto sms da amici che ci avvisavano dell’attentato. Tanta paura. Cordiali saluti e grazie per l’attenzione, Alfy»

«Sono il padre di un ragazzo di 21 anni che studia alla Sorbona a Parigi. Scrivo io perché lui mi ha detto che non se la sente, è ancora sconvolto. Ieri sera ho raggiunto telefonicamente mio figlio subito dopo le prime terribili notizie, era in una zona non tanto lontana dal Bataclan, è tornato con un taxi a Les Halles, dove risiede, appena in tempo perché in zona c’erano già posti di blocco. Era sotto choc, in particolare perché due sere prima si trovava a cena proprio nel ristorante cambogiano, famoso a Parigi, dove hanno sparato. Mi ha detto: potevo esserci io, questa è una guerra, sono morti decine di giovani che come me cercavano solo un po’ di serenità e allegria, ma perché questo odio? È demoralizzato, ma io gli ho detto di non mollare perché questi bastardi vigliacchi non devono sopraffarci e condizionare la nostra vita.Bisogna reagire. Grazie. Marco Bresciani».

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