Moschea, area dissequestrata
Via San Fermo, restano bloccati i conti

Area dissequestrata, ma i conti restano sequestrati. La decisione in Tribunale a Bergamo lunedì mattina 11 gennaio comporta la possibilità della ripresa dei lavori.

Ecco le novità dell’area di via San Fermo, a Bergamo, che dovrebbe ospitare il futuro centro islamico di Bergamo. I giudici si sono pronunciati sul ricorso presentato dall’avvocato del foro di Verona Ruggero Troiani per conto di Imad El Joulani contro il sequestro dei conti e dell’area di via San Fermo che - nelle intenzioni di quest’ultimo - avrebbe dovuto ospitare un centro islamico.

La vicenda è esplosa il 22 dicembre, quando Digos e Finanza hanno sequestrato il cantiere per conto del pm Carmen Pugliese, titolare di un’inchiesta per appropriazione indebita che vede indagato El Joulani, cardiologo giordano ed ex presidente del Centro islamico di via Cenisio. A denunciarlo sono stati l’attuale presidente Mohamed Saleh e il tesoriere dell’Ucoii (Unione comunità islamiche d’Italia) perché sostengono che non siano troppo chiari la destinazione e l’utilizzo che El Joulani ha fatto dei 4 milioni e 980 mila euro arrivati come finanziamento dalla Qatar Charity Foundation (Qcf).

Per l’accusa il medico avrebbe fatto tutto all’oscuro degli altri componenti del Centro islamico di via Cenisio, spendendo il nome del quale aveva ottenuto i soldi. Nel febbraio 2013, quand’era ancora presidente e tre mesi prima che arrivasse il primo bonifico, El Joulani aveva fondato la «Comunità islamica di Bergamo». È sui conti di questa associazione che sono finiti i 5 milioni. Tra l’altro, ottenuti per un progetto in via Baioni. Per questo gli emissari della Qcf, intimarono a El Joulani di bloccare i lavori di via S. Fermo e di restituire i soldi.

«In via Cenisio sapevano tutto», ha replicato l’indagato tramite il suo legale. «I soldi sono ancora sui conti della Tecno Cib (la srl che fa capo a Joulani, costituita per realizzare il centro islamico, ndr) - ha sostenuto l’avvocato Troiani -. Il mio assistito non li ha utilizzati per sé: 2,2 milioni sono serviti per acquisire l’area; poi ci sono uscite riguardanti pagamenti per l’avanzamento dei lavori. Tra l’altro, il sequestro ha creato disagi alle imprese che lavorano».

La vicenda ha provocato anche una frattura nella comunità islamica bergamasca. All’interno del centro islamico di via Cenisio sta andando in scena una raccolta di firme per testimoniare solidarietà a El Joulani.

«La decisione presa dal Tribunale di Bergamo ci stupisce - dichiara Alberto Ribolla, capogruppo Lega Nord in Consiglio Comunale - visto che è chiaro a tutti il mancato rispetto delle attuali normative urbanistiche; allo stesso tempo ci auguriamo che le autorità monitorino attentamente ogni eventuale abuso edilizio e normativo. Chiediamo con forza, invece, al Comune di Bergamo di vigilare attentamente sulla destinazione urbanistica dell’area, assolutamente incompatibile ad essere destinata a centro islamico o moschea, grazie alle normative regionali ed al pgt del Comune».

«È ovvio - continua Ribolla - che, ancora una volta, come già successo nel passato, gli islamici hanno tentato di fare i furbi e, persino al loro interno, ci sono state denunce e raccolte firme incrociate con accuse al limite del ridicolo. Come possiamo noi fidarci dei loro esponenti - conclude Ribolla - se neanche loro stessi si fidano?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA